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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2015 alle ore 06:37.
ROMA
Il passaggio sui marò è stato quello più condiviso dal mondo politico, ha unito destra e sinistra, ma il capo dello Stato ha usato toni ugualmente forti su altri temi più spinosi e molto divisivi, come l’Europa o l’immigrazione. L’occasione era quella dell’undicesima conferenza degli ambasciatori ed è a loro che Sergio Mattarella consegna il messaggio di un’Italia pronta a «difendere i propri cittadini» e dunque a «battersi con determinazione affinché Massimiliano Latorre resti in Italia e Salvatore Girone possa farvi rientro».
Inizia così la mattinata del capo dello Stato, segnata soprattutto da un colloquio con Mario Draghi in cui si è discusso di Europa, dei riflessi dopo la crisi greca e delle prospettive sulla governance dell’euro. E tutti questi temi, condensati, saranno oggetto del suo intervento davanti agli ambasciatori. Temi sui quali non risparmia di dire il suo punto di vista che, appunto, non è così condiviso dal panorama politico quanto il suo appello sui marò. Innanzitutto sul tema europeo dice con chiarezza che è necessaria una cessione di sovranità, che l’Europa non può restare preda di interessi nazionali e populismi, che va liberata da questa morsa che la stringe e che rischia di farla “scivolare indietro”. Posizione, come si sa, che vede distanti partiti come il Movimento 5 Stelle o la Lega e anche ampi settori di Forza Italia o della sinistra. Ma il capo dello Stato non sembra preoccuparsi dell’applauso e segue con coerenza il suo profilo europeista: «L’Unione si rafforzerà soltanto se gli interessi territoriali si restringeranno». Chiaro. Ma non basta perché dopo la crisi in Grecia incalza i Paesi del Nord Europa e la Germania. «Deve finire lo scontro tra presunti Paesi di serie A e presunti paesi di serie B, l’Europa ha bisogno di un forte senso di equità». Sviluppo, investimenti e lavoro: solo su questi filoni si potrà rafforzare il progetto europeo che non può sopravvivere senza «uno spirito di collaborazione e di solidarietà nella gestione delle politiche economiche».
E qui tocca il tabù europeo più forte Mattarella, quello della condivisione delle politiche economiche, del debito, sapendo che sulla sua posizione trova pochi alleati non solo in Italia ma in Europa. Il clima “gelido” delle cancellerie si ritrova, del resto, nel rapporto dei 5 presidenti sulla governance dell’euro che è improntato sulla cautela in attesa delle elezioni tedesche e francesi del 2017. Ma il capo dello Stato incalza ancora gli Stati chiedendo che «il compromesso raggiunto in extremis sulla Grecia possa diventare la leva per aprire il cantiere di una nuova governance dell’euro come vero e proprio governo, adeguato e democratico, della moneta unica”. Vero e proprio governo: sono queste le parole scritte in neretto nel suo discorso perché il tabù è qui: nei passi per una maggiore integrazione politica e dunque per cessioni di sovranità. Una linea condivisa con il presidente della Bce.
Ma l’altro capitolo spinoso è quello dell’immigrazione. E lo fa senza paura di attirarsi gli strali della Lega di Salvini. «Salvare chi annega è un dovere». È perentorio Mattarella che non molla la presa sull’Europa lasciando trasparire tutta la sua delusione per una Ue che resiste sulla linea dell’egoismo. «L’Europa - è giusto ripeterlo - fa meno di quanto sarebbe suo dovere fare sull’immigrazione e questo atteggiamento, culturalmente nuovo per molti aspetti, sorprende». Il capo dello Stato riconosce che sulla ripartizione delle quote di rifugiati «seppure su base volontaria, sia stato fatto un primo passo significativo, ma serve maggiore condivisione. Stiamo parlando di richiedenti asilo, non di semplici migranti».
Dall’immigrazione alla crisi libica, la connessione è stretta, è geografica e politica. «La stabilizzazione della Libia è un tassello prioritario per l’Italia per evitare il possibile radicarsi di gruppi terroristici ma sarà bene che l’Europa si faccia trovare pronta per garantire il necessario sostegno all’eventuale nuovo governo». Intorno al Mediterraneo, ha spiegato Mattarella, «è aperta la terribile sfida di Daesh, l’autoproclamato Stato islamico, incubatore di terrorismo che è un buco nero di umanità». Ma non serve rievocare lo scontro di civiltà perché quello che serve è un «patto di civiltà che riscopra l’interazione positiva tra Islam e Occidente». Parlando di terrorismo era inevitabile ricordare i quattro tecnici rapiti in Libia e per padre Paolo Dall’Oglio.
E nel quadro degli equilibri nel Medio Oriente promuove l’intesa sul nucleare iraniano che rappresenta «uno storico accordo» ma, ha aggiunto, «si deve rimettere in agenda il tema del riconoscimento pieno e non reversibile del diritto alla sicurezza di Israele e del diritto all’esistenza dello Stato palestinese».
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