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Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2015 alle ore 08:11.

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«Respingere in mare gli immigrati è un atto di guerra» ha detto ieri Papa Francesco nel dialogo con i 1.500 ragazzi del Movimento Eucaristico Giovanile. Per Francesco «quando identità diverse vivono insieme, sempre ci saranno i conflitti, ma - ha scandito - soltanto col rispetto dell’identità dell’altro si risolve il conflitto». «Le tensioni si risolvono nel dialogo - sottolinea il Papa - ma prima con il rispetto dell’identità dell’altra persona». Arriva la replica del leader della Lega, Matteo Salvini: respingere gli immigrati «non è un crimine» ma un «dovere di qualunque buon amministratore».

Intanto l’Unhcr, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha chiesto alla Francia di approntare un piano urgente per affrontare la crisi dei 3mila migranti accampati nella baraccopoli “New Jungle”, alle porte di Calais, nell’intento di raggiungere la Gran Bretagna. La questione «va trattata come un’emergenza civile» ha avvertito Vincent Cochetel, responsabile della divisione Europa dell’agenzia Onu, il quale ha suggerito di impiegare gli stessi strumenti utilizzati per la calamità naturali.

A Palermo proseguono le operazioni di accoglienza e le attività investigative sul naufragio dell’altro giorno che potrebbe essere costato la vita a circa 300 migranti presenti in una barca dove c’erano circa il doppio di persone. Si è scoperto che i nocchieri incidevano il cuoio capelluto con un coltello per marchiare i “ribelli”, picchiavano i migranti con le cinture, riservando calci e pugni agli uomini sposati. Forme di violenza gestite tenendo conto dell’etnia, del prezzo pagato e della condizione sociale. Le sevizie venivano compiute dai cinque scafisti, due libici, un tunisino e due algerini, arrestati giovedì a Palermo e di cui ieri la Polizia di Stato ha reso noti nomi e nazionalità.

A raccontare la tragedia sono stati alcuni dei sopravvissuti al naufragio davanti alle coste libiche e arrivati giovedì nel porto di Palermo a bordo di una nave militare irlandese. Sul peschereccio, secondo la stima degli investigatori che hanno parlato coi testimoni, viaggiavano circa 600 persone. I naufraghi arrivati l’altro giorno sono 362; 26 i cadaveri recuperati tra cui cinque bimbi. Agli arrestati vengono contestate, insieme al favoreggiamento dell’immigrazione e all’omicidio plurimo, anche le varie forme di violenza. Secondo alcune testimonianze raccolte dalla polizia palermitana, gli scafisti avrebbero rivestito ruoli ben definiti: uno comandava l’imbarcazione, con l’ausilio di altri due; gli altri si occupavano di controllare i migranti, impedendo loro, con la violenza, di muoversi.

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