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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2015 alle ore 06:38.

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new york

Ferguson, un anno dopo esser stata messa a ferro e fuoco dalle tensioni razziali, torna a far parlare di sè per le proteste e il clima di violenza. Il sobborgo di St. Louis, torturato simbolo di quanta strada resti da fare verso una società e una politica multiculturali negli Stati Uniti che pur hanno eletto in Barack Obama un presidente afroamericano, è da tre giorni al centro d’una nuova crisi: proteste, arresti, sparatorie e di recente l’arrivo di vigilantes ultra-conservatori. La ragione? Il primo anniversario della morte per mano di un poliziotto bianco del 18enne nero Michael Brown. Un poliziotto che autorità locali e Dipartimento della Giustizia hanno ritenuto di non perseguire, considerando legittimo il suo ricorso alla forza. Ma che ha riaperto una ferita ancora mai sanata e ben più vasta: quella della discriminazione e degli abusi ai danni delle minoranze etniche da una costa all’altra del Paese.

Ferguson ieri è stata pervasa da una calma surreale. Una calma imposta solo al prezzo di una dichiarazione di stato d’emergenza dopo violenze esplose per due notti di fila. Uno scontro a fuoco domenica notte ha visto un giovane residente, Tyrone Harris, sparare sugli agenti e poi rimanere gravemente ferito durante un tentativo di fuga. Oltre un centinaio di arresti, nel frattempo, sono avvenuti tra Ferguson e St. Louis per resistenza alle forze dell’ordine. Tra i fermati si contano anche alcuni noti militanti dei diritti civili quali l’autore Cornell West.

Ma a evidenziare l’atmosfera estremamente irrequieta e volatile, nelle ultime ore per le strade di Ferguson è sorattutto comparsa una milizia nazionale di estremisti bianchi: uomini armati di fucili d’assalto e giubbotti anti-proiettile e che si sono identificati come membri degli Oath Keepers, un’organizzazione para-militare che vanta 30.000 aderenti e si ispira alla Guerra rivoluzionaria americana. Sarebbero stati ingaggiati da una personalità radiofonica ultra-conservatrice, Alex Jones, per proteggere suoi giornalisti che lavorano per il sito InfoWars.com. I miliziani, in gran parte ex soldati e ex poliziotti, hanno giurato di proteggere la Costituzioe «da tutti i nemici, esterni e interni». E il loro fondatore, Stewart Rhodes, è noto per aver chiamato Hillary Clinton “Hitlery” e aver chiesto che il senatore repubbicano moderato John McCain sia processato per tradimento e impiccato per complicità «nella distruzione del Paese». Un recente titolo pubblicato dal sito di Jones sugli eventi di Ferguson ha da parte sua messo in guardia senza remore i suoi lettori dai dimostranti, che «si dichiarano pronti alla guerra».

Il capo della polizia della Contea di St. Louis, John Belmar, ha condannato la loro presenza, definendola «non necessaria e provocatoria». Ma nessuno è immediatamente intervenuto per disarmare o allontanare la milizia bianca nonostante lo stato d’emergenza, un fatto denunciato come il cumine dell’ipocrisia da numerosi dimostranti.

Politici e funzionari locali e nazionali hanno invitato tutti a mantenere la pace nelle strade. I vertici della contea hanno spiegato lo stato di emergenza con l’obiettivo di poter far intervenire le loro meglio addestrate forze di polizia a fianco degli agenti municipali. E la senatrice democratica del Missouri, lo stato di St.Louis, Claire McCaskill ha a sua volta sottolineato che gran parte delle proteste sono rimaste in questi giorni pacifiche e auspicano una miglior giustizia per tutti e una rinascita economica e sociale di Ferguson. Un auspicio che rimane, per ora, il simbolo di una grande sfida irrisolta.

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