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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2015 alle ore 06:37.

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ROMA

Aveva solo 15 anni il ragazzo somalo morto ieri dopo essere stato soccorso dalla nave Dignity I di Medici senza frontiere, impegnata in operazioni di salvataggio dei migranti nel Canale di Sicilia. È stato stroncato da un arresto cardiocircolatorio, ma il suo corpo era segnato dalle brutali percosse e dai maltrattamenti subiti in Libia prima della partenza. I suoi compagni di viaggio hanno raccontato che il ragazzo era stato sottoposto a percosse e sevizie di ogni genere in Libia, dove i trafficanti lo avevano costretto a lavori massacranti, senza dargli cibo né acqua. Tutto per conquistare il diritto a salire su un barcone: un biglietto pagato con la vita. Nel corso della prima notte a bordo sembrava reagire bene alle cure, ma non ce l’ha fatta. «Quando è arrivato a bordo - ha sottolineato Francesca Mangi, coordinatrice a bordo di Dignity I di Msf - era in condizioni critiche, con segni di violenza, infezioni, problemi di respirazione e uno stato di malnutrizione severa». Poi la morte improvvisa.

Nel corso della scorsa settimana , secondo Frontex, l’agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea, sono stati salvati nelle acque del Mediterraneo circa 5.300 migranti principalmente provenienti dall’Africa sub-sahariana. Ma sono tanti quelli che non ce l’hanno fatta: l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha comunicato che 2.373 migranti sono morti dall’inizio dell’anno nel tentativo di giungere in Europa via mare. Sono 292mila i rifugiati e i migranti che ce l’hanno fatta, secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati: di questi circa 108mila sono giunti in Italia e oltre 181mila in Grecia. In molti raccontano le loro avventure. «C’è chi scappa da Paesi in guerra - ha spiegato Loris de Filippi, presidente di Medici senza frontiere Italia - o dittature, dopo anni di prigionia. C’è chi ha attraversato a piedi il Sahara prima di arrivare in Libia, dove vivono esperienze traumatiche: i maschi picchiati dalla polizia libica, le donne soggette a violenze dalle stesse sedicenti forze di polizia». L’organizzazione umanitaria, finanziata da donazioni di privati, in 100 giorni ha salvato 11mila profughi in fuga dall’Africa.

In Europa «se ne sono accorti ora che c’è un problema immigrazione? Perché tocca anche loro. Glielo diciamo da mesi», ha detto il premier Matteo Renzi a Pesaro. «Non cederemo mai al messaggio che vuol far diventare l’Italia la terra della paura, possiamo perdere anche dei voti, ma prima salviamo le vite». In Italia le polemiche proseguono. Il vicepresidente leghista del Senato, Roberto Calderoli, parla di Renzi «bacchettato dalla sua padrona Merkel sull’immigrazione», il M5s di un premier «umiliato» dal «sonoro ceffone» di Merkel e Hollande. Parla di «governo senza dignità che si piega ai diktat della Merkel» il senatore di Fi, Maurizio Gasparri.

Ed è senza fine l’emergenza nel mar Mediterraneo. Circa 120 migranti che si trovavano a bordo di un gommone a circa 40 miglia a nord delle coste libiche, sono stati soccorsi ieri da due motovedette della Guardia costiera di Lampedusa. Cinque le donne incinte a bordo, due i bambini. Tra i 453 migranti giunti lunedì a Taranto a bordo della nave militare Tedesca “Hilestein” è stato individuato e arrestato uno scafista somalo, 44 anni, che aveva condotto un piccolo gommone con circa 150 persone a bordo e si era poi defilato al momento del soccorso. Un ghanese e un nigeriano sono stati arrestati a Messina con l’accusa di essere gli scafisti del gruppo di 225 uomini, donne e bambini sbarcati ieri mattina dalla nave militare irlandese «L.E. Niamh».

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