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2/6 Mooc, cinque cose da imparare/ Laboratori di insegnamento

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    Il primo spunto è di metodo: i Mooc possono essere dei «laboratori di insegnamento» per i docenti, esposti a un flusso continuo di feedback su metodi e contenuti dei propri corsi. L'ibridazione tra didattica online e presenza in aula ha dato il via – da anni – alle cosiddette “flipped classrooms”, “la scuola capovolta” che ribalta la gerarchia tra lezioni frontali e dispense sul web: prima si studia in rete, poi si verificano i contenuti in classe.

    Harvard si è spinta oltre, avviando dal suo Berkman Centre dei progetti di “problem solving collaborativo” che trasporta sul web il modello didattico dell'analisi dei casi. Secondo Luigi Proserpio, presidente di Beta (Bocconi Education and Teaching Alliance), i grandi college anglosassoni si sono già scontrati con i problemi di organizzazione didattica richiesti da un processo di larga scala. Un passo che deve ancora essere compiuto in Italia: «L'errore è cercare di clonare le lezioni in aula, con il risultato di sfornare tanti corsi uguali, poco attrattivi e senza un'anima definita. Qui in Italia, come altrove, bisogna abbandonare questa logica e fare della sperimentazione proprio su corsi “misti” tra l'aula e l'online». Gli esempi arrivano dalla sua esperienza in Bocconi: «Sempre nell'ottica di sfruttare la community, abbiamo approfittato dell'estensione online per esperimenti come la simulazione del processo di scouting nella moda, contest sul cibo, forum su determinati argomenti»

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