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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2015 alle ore 06:38.

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PECHINO

Tutta un’altra cosa, dicono rispetto alla parata del 2009, per i 60 anni della Repubblica popolare cinese. Quella di ieri è stata una celebrazione rivolta chiaramente al resto del mondo, compresa la decisione di ridurre di 300mila unità gli effettivi dell’esercito, e quindi numeri e dinamiche hanno subito un deciso potenziamento.

Circa sedicimila persone, tra pluridecorati di guerra, militari, minoranze etniche, associazioni benemerite, invitati dall’estero e via enumerando, hanno assistito alla parata militare per le celebrazioni dei 70 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale e per la vittoria sugli invasori giapponesi.

Erano le uniche presenze umane concentrate nella torrida piazza Tienanmen, a mantenere viva una città deserta, per motivi di sicurezza, già da almeno due giorni. L’arrivo sulla piazza, la più grande al mondo, voluta così proprio dal grande Timoniere che la sorveglia ogni giorno dal suo ritratto gigantesco, è stato scaglionato, i primi ad arrivare i giornalisti piazzati sugli spalti con larghissimo anticipo rispetto all’inizio delle celebrazioni. Controlli di sicurezza ossessivi, fornitura di bandierine e tatuaggi con la bandiera rossa per fare il tifo come dagli spalti delle partite di calcio.

Un silenzio irreale, insolito per una megalopoli afflitta dal traffico e dall’aria inquinata, ha reso surreali in contemporanea piazze e viali, periferie e raccordi autostradali: nessuna macchina in giro, taxi introvabili, cinesi piazzati davanti alle tv per assistere all’evento. Il caos quotidiano azzerato per decreto, come solo in Cina succede.

Tutto si è svolto quindi da copione a cominciare dal tempo, cielo terso, gran caldo, zero inquinamento. Zero uccelli, corvi e piccioni a disturbare le grandi manovre. Sulla pista della parata nemmeno un granello ostile al passaggio dei mezzi corazzati.

Le delegazioni straniere sono arrivate come previsto a rendere omaggio alla intorno alle 10 del mattino al presidente Xi Jinping e alla sua sinistra, Peng Liyuan, abito rosso e filo di collana di perle.

I più attesi tra gli ospiti la presidente coreana Park Geun-hye vestita di giallo imperiale, il presidente kazako Nursultan Nazarbaev e soprattutto il presidente russo Vladimir Putin che ha chiuso la lunga serie degli ospiti, tra i quali il nostro ministro degli esteri Paolo Gentiloni.

Degli assenti, dei grandi assenti protagonisti a vario titolo della guerra mondiale, si sapeva tutto da tempo, degli Stati Uniti e ovviamente del Giappone. I giapponesi, ovviamente, non hanno partecipato all’evento, ma quella dell’invasione giapponese di cui il massacro di Nanchino resta il climax, l’episodio che non si riesce (e forse non si vuole) cancellare dalla memoria, basta e avanza a evocarne la presenza.

Lo sfoggio di potenza militar-nucleare è rivolto anche a loro, ai vicini scomodi, dopo l’omaggio alle forze armate cinesi sotto lo sguardo di Mao Zedong dai “semplici” tank ai missili nucleari, in ordine di grandezza progressiva. Impressionante.

Tutto questo sfoggio di potenza ha il compito anche di rassicurare il fronte interno, perché in questi giorni in Cina è successo di tutto dal crollo delle borse, ai fuochi delle fabbriche chimiche situate lungo la costa ad Est. Tensioni all’interno del Partito, infatti i binocoli erano puntati sulla balconata che corre lungo l’ingresso della Città proibita, alla ricerca dei volti di Zhang Guoli, Wen Jabao, Jiang Zemin.

Flemmatico come al solito, dopo aver letto un discorso con frequenti richiami alla fine della guerra (ma anche l’aggressione giapponese) e al ruolo della Cina e alla lotta del popolo cinese ha compiuto in macchina un giro lungo il primo anello, mentre rendeva omaggio a tutte le forze armate schierate sulla Chang’an. Xi è sembrato molto ispirato, continuava a ripetere frasi sui “compagni hanno lavorato tanto”, mentre l’espressione del viso di rimbalzo dal grande schermo comunicava un senso di grande compassione.

A chiusura dell’evento, dopo i voli acrobatici di elicotteri e aerei che in formazione hanno disegnato perfino il numero 70, sono state liberate in volo migliaia di colombe della pace e, dopo le colombe, palloncini colorati. Da oggi, rapidamente, la città ripiomberà nel suo rassicurante caos. Ricomincia la lotta quotidiana per la sopravvivenza.

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