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Questo articolo è stato pubblicato il 05 settembre 2015 alle ore 08:10.

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NEW YORK

Il mercato del lavoro americano migliora, con 173.000 impieghi creati in agosto e una disoccupazione scesa di 0,2 punti percentuali al 5,1%, il minimo dall’aprile 2008. Il passo della nuova occupazione, però, ha frenato ed è stato inferiore alle attese, che avevano scommesso su 220.000 nuovi occupati. La schiarita mantiene forse in agenda una stretta sui tassi di interesse, ma non appare affatto sufficiente ad assicurarla in un clima di forte volatilità delle piazze finanziarie. Dopo i dati Wall Street, già sotto pressione per i cali delle borse globali, ha ceduto sull’altare dell'incertezza di politica monetaria il 2 per cento.

Il tasso dei senza lavoro è diminuito anche più di pronostici fermi al 5,2%, e la forza lavoro è scivolata di sole 41.000 unità contro un totale di americani che lavorano salito di 196.000. Segno di genuine assunzioni di disoccupati, non di ranghi di lavoratori scoraggiati sempre più gonfi.

«È un buon dato» ha subito dichiarato il responsabile della sede di Richmond della Fed, Jeffrey Lacker, da sempre alfiere di ravvicinati rialzi dei tassi di interesse. Alcuni aspetti dei dati sono parsi particolarmente solidi: il Dipartimento del Lavoro ha rivisto al rialzo l’occupazione dei due mesi precedenti, aggiungendo 44.000 posti che hanno portato la media negli ultimi tre mesi a quota 221.000. La media mensile da inizio anno è ad agosto di 212.000. E le cifre dell’ultimo mese estivo tendono a essere riviste significativamente: in media negli ultimi cinque anni la correzione al rialzo è stata di 79.000 impieghi.

Ma altri elementi sono stati meno univoci: i salari orari hanno registrato un auspicato quanto modesto incremento, lo 0,32% dal mese precedente a 25,09 dollari e il 2,2% dall’anno scorso. La stagnazione dei redditi dei ceti medi e l'assenza di pressioni sul costo del lavoro e' uno dei maggiori sintomi delle difficoltà che la ripresa incontra a ritrovare forza. E l'assenza di inflazione è stata citata dalla stessa Fed quale ostacolo a considerare sanata l’economia.

Sintomi di debolezza sono inoltre ancora evidenti e potrebbero rafforzare la mano di chi dentro la Fed preferirebbe far slittare una stretta. La partecipazione alla forza lavoro è rimasta inchiodata al 62,6%, ai minimi da quasi quarant’anni, per il terzo mese consecutivo. La composizione della nuova crescita dell'occupazione solleva ulteriori preoccupazioni. Le assunzioni sono state trainate il mese scorso dal settore sanitario e dell'assistenza sociale, con 56.000 nuovi posti. Servizi professionali e per le aziende hanno creato 33.000 posti e la ristorazione 26.000. Il pubblico impiego ha aggiunto 33.000 dipendenti. Lo strategico comparto manifatturiero, invece, ha sofferto rafforzamento del dollaro e debole domanda globale aggravata dal contagio della Cina, perdendo 17.000 impieghi. Il settore minerario e dell’energia, vittima del declino generale delle commodities, ha eliminato diecimila occupati. In tutto circa 8 milioni di americani restano senza lavoro pur cercandolo e altri 6,5 milioni sono prigionieri di impieghi part-time involontari. Il tasso di disoccupati e sotto-occupati, che comprende scoraggiati e forzati del lavoro marginale, e' a sua volta ai minimi dal 2008 ma è sceso solo al 10,3% dal 10,4 per cento.

L'occupazione, da sola, non è bastata neppure a convincere operatori e analisti che un rialzo sui tassi sia la mossa vincente al vertice del 16 e 17 settembre. Keith Wade, di Schroders, ha previsto che la Fed interverrà senza indugi. Kevin Logan di HSBC ritiene invece che «le condizioni saranno più propizie per una stretta a dicembre». E Michey Levy di Berenberg sottolinea che le tensioni sui mercati potrebbero sconsigliare immediate strette.

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