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Questo articolo è stato pubblicato il 05 settembre 2015 alle ore 08:11.

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CERNOBBIO

Il rallentamento della crescita in Cina non è un fenomeno transitorio perché con tutta probabilità il modello economico cinese cambierà strutturalmente. Non sappiamo come e fino a che punto i cambiamenti in atto incideranno sullo sviluppo economico della Cina ma una cosa invece è certa: la Germania sarà colpita duramente dal deterioramento del Pil cinese, non tanto per il calo delle esportazioni quanto per l’impatto negativo che questo avrà sulla “catena di valore” ormai molto integrata tra aziende esportatrici tedesche e aziende cinesi. A pronosticare il rischio di un periodo cupo in arrivo per la Germania, l’Europa e quindi anche per l’Italia, con assoluta franchezza è Lars Feld, direttore del Walter Eucken Institute di Friburgo, professore di economia e membro dal 2011 del Consiglio degli Esperti Economici tedesco, il think tank che al picco della crisi dell’euro propose la creazione di un Fondo europeo di redenzione per la risoluzione del problema del debito pubblico in eccesso al 60% del debito/Pil.

Feld, intervistato ai margini dell’European House Ambrosetti a Cernobbio, non ne vuole sentire parlare però di debito pubblico. È fermamente contrario a un aumento degli interventi a carico dei conti pubblici, vede male gli stimoli fiscali per rilanciare la crescita attraverso un aumento degli investimenti pubblici. «Lo Stato deve uscire dall’economia, non certo rientrarci - stigmatizza con piglio -. E per ridurre il ruolo della mano pubblica nell’economia vanno aumentate le privatizzazioni. L’Italia e la Grecia devono privatizzare, non tanto per incassare fondi per tagliare il debito pubblico, non è quello il punto, ma piuttosto devono farlo per incentivare le imprese privatizzate a investire di più, con capitali privati».

L’Italia, sottolinea Feld, ha un serio problema perché non riesce a rinvigorire la crescita. «Da quanto è entrata nell’euro, in media l’Italia ha registrato una crescita negativa della produttività e il contributo del progresso tecnologico sulla crescita è calato invece di salire». È severo, Feld, con l’Italia che «deve tagliare le tasse sul lavoro e sulle imprese riducendo la spesa pubblica e persino il numero dei dipendenti pubblici, e deve al tempo stesso velocizzare il cammino delle riforme strutturali, soprattutto quella del mercato del lavoro che tra le tante cose ha frenato la crescita dimensionale delle PMI». Secondo Feld, il miglior modo per stimolare la crescita è attraverso il miglioramento del clima di fiducia e delle condizioni per investire: l’obiettivo primario deve essere quello di favorire gli investimenti dei privati. «Se il capitale privato è messo nella condizione di guadagnare, di fare profitti, sicuramente sarà più disposto ad aumentare i suoi investimenti: solo così l’economia può crescere sul lungo termine».

Il suo giudizio sulla Germania è però meno severo: «Il nostro Consiglio degli esperti prevede per la Germania una crescita dell’1,8% nel 2015, in base all’andamento dei primi due trimestri dell’anno siamo ancora in linea con le nostre previsioni. Ma la Germania non potrà mai crescere come gli Stati Uniti per colpa del nostro trend demografico, che avrà un peso tremendo sulla crescita». Il Consiglio prevede per la Germania una crescita media dell’1,5% nel prossimo ventennio, non certo il 3-4 per cento. Secondo Feld, neppure l’immigrazione potrà correggere in maniera sostanziale la demografia del Paese, perché «servirebbe un aumento dell’immigrazione netta troppo elevato», corrispondente a oltre 1,4 milioni di flusso migratorio fuori e dentro la Germania su base annuale. E poi la Cina. Feld e il Consiglio degli esperti si sono meravigliati negli ultimi due anni sulla capacità della Cina di centrare puntualmente i suoi obiettivi di crescita. «Eravamo giunti alla conclusione che la Cina riusciva a centrare più facilmente i suoi target solo perché aveva un’economia controllata». Per questo stesso motivo, secondo Feld i cambiamenti in atto non devono essere sottovalutati, perché difficilmente saranno transitori. La Cina ha deciso di cambiare il suo modello, passando da un’economia basata sugli investimenti a un’economia basata sui consumi. E ha deciso di liberalizzare. «La liberalizzazione ridurrà il controllo sull’economia – puntualizza Feld – e non possiamo prevedere che impatto avrà tutto questo sulla crescita». Ma se e quando l’economia cinese rallenterà, l’effetto sulla Germania sarà forte e sarà negativo. «Noi esportiamo molto in Cina ma il punto è un altro: tra le nostre aziende e quelle cinesi si è creato un sistema integrato di produzione, una catena di valore che non potrà non ripercuotersi sulla crescita in Germania». Ma al suggerimento di usare il surplus di bilancio per aumentare gli investimenti, Feld non ci sta: «Al picco della crisi del debito sovrano, il debito/Pil tedesco è salito all’82% e adesso siano a quota 72% non solo perché abbiamo raggiunto il pareggio di bilancio ma perché cresciamo. Questa è la strada: uscire dal debito crescendo».

Il Qe tra l’altro secondo Feld ha abbassato troppo i tassi in Germania, che sono divenuti un’anomalia. «Un po’ di spread tra l’Italia e la Germania dovrà sempre esserci perché l’Italia deve sentire lo stimolo di doversi migliorare», mette in chiaro. Bene invece i progressi sul fronte dell’unione bancaria e il mercato dei capitali unico, due tappe necessarie per portare avanti il progetto di Unione europea. «Servirebbe l’armonizzazione dei regimi fiscali – aggiunge – ma questo forse è chiedere troppo adesso».

.@isa_bufacchi

isabella.bufacchi@ilsole24ore.com

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