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Questo articolo è stato pubblicato il 08 settembre 2015 alle ore 06:36.

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BRUXELLES

La Commissione europea presenterà domani, con un discorso del suo presidente Jean-Claude Juncker dinanzi al Parlamento europeo, il nuovo piano atteso di redistribuzione dei rifugiati arrivati in Europa dal Medio Oriente e dal Nord Africa. Ancora una volta, come in primavera, Bruxelles tenterà di imporre quote obbligatorie per Paese, nonostante l’opposizione di alcuni Stati dell’Europa orientale a una soluzione d’autorità. Si annuncia un negoziato difficile.

Secondo l’agenzia Reuters, a conferma delle notizie degli ultimi giorni, Bruxelles intende proporre ai Paesi di redistribuire 120mila profughi, oltre ai 40mila che già in giugno Bruxelles aveva proposto di ricollocare in tutta l’Unione . La chiave di ripartizione è quella già prevista dal piano di giugno: popolazione, disoccupazione, prodotto interno lordo, e numero di rifugiati già accolti dal singolo Paese. Ad essere ricollocati sarebbero rifugiati arrivati in Italia, Grecia e Ungheria. La Ue dovrebbe spendere circa un miliardo per ricollocare i 160mila profughi. I Paesi dovrebbero ricevere 6mila euro a persona.

In giugno, Bruxelles aveva proposto la ricollocazione di 40mila persone su base obbligatoria. Durante i negoziati tra i Ventotto, i paesi si sono messi d’accordo per una prima redistribuzione di 32mila persone, su base volontaria. Bruxelles tornerà domani a proporre una ricollocazione vincolante, con il sostegno di Germania e Francia, convinti che l’emergenza richieda una risposta ambiziosa. Berlino ha annunciato di avere aumentato di sei miliardi di euro il bilancio 2016 dedicato all’accoglienza dei rifugiati.

Secondo le cifre circolate ieri, i Paesi che dovrebbero accogliere il maggior numero di profughi sono la Germania (40.206 su 160mila) e la Francia (30.783, sempre su 160mila). Anche i Paesi dell’Est sono chiamati a fare uno sforzo, nonostante molti di essi abbiano respinto per ora le quote obbligatorie: alla Polonia andrebbero 11.946 persone, alla Slovacchia 2.287, alla Repubblica Ceca 4.306. All’Ungheria, in parte esentata perché Paese di primo sbarco di molti rifugiati, andrebbero invece appena 827 persone.

Il piano rischia di essere controverso a Est, se è vero che la Polonia si è detta pronta ad accogliere appena 2.000 persone e la Slovacchia ha spiegato di non voler ricevere rifugiati di religione musulmana. Dei 160mila profughi, 66.400 verrebbero dalla Grecia, 54.000 dall’Ungheria e 39.600 dall’Italia. Una prima riunione dei ministri degli Interni per discutere il piano è prevista il 14 settembre a Bruxelles, possibilmente seguita da un vertice straordinario dei capi di Stato e di governo.

Ai Paesi che non vogliono partecipare alla ricollocazione verrebbe proposto un contributo finanziario. Ieri, intanto, il commissario all’immigrazione Dimitri Avramopoulos ha confermato che a breve inizierà «il processo di revisione» del Principio di Dublino, secondo il quale il rifugiato deve chiedere l’asilo nel Paese di arrivo in Europa.

I profughi dal Medio Oriente che si stanno riversando da mesi alla frontiera orientale dell’Unione, infatti, vogliono raggiungere i Paesi del Nord Europa, in primo luogo la Germania. Nello scorso week-end, dopo l’apertura delle frontiere, nel Paese ne sono arrivati 20mila. Altri 4mila erano attesi ieri sera a Monaco. Un flusso «emozionante» ha detto Angela Merkel. «Sono felice che la Germania sia diventata un Paese che molti, all’estero, associano adesso alla speranza». I nuovi compiti hanno però bisogno di finanziamenti: «Siamo stati così veloci a salvare le banche, ora dobbiamo esserlo nel prendere le misure necessarie ad alleviare il fardello sulle spalle di Comuni e Land».

La cancelliera ha ribadito che il sistema potrà tenere se tutti i Paesi Ue si assumeranno le proprie responsabilità. «È inaccettabile che molti dicano che non vogliono avere niente a che fare con questo problema» ha dichiarato. In effetti Viktor Orban, il premier dell’Ungheria presa ancora ieri d’assalto al suo confine con la Serbia da altre migliaia di richiedenti asilo, ha bollato il piano Juncker come «prematuro». Il leader populista difende la scelta del suo governo di usare il pugno di ferro alle frontiere (ieri il ministro della Difesa Hende Csaba è stato costretto a dimettersi perché i lavori di costruzione del muro procedono a rilento). «Finché l’Europa non riesce a proteggere le sue frontiere - ha detto Orban - è inutile parlare del destino di quanti entrano». Ieri la polizia ha usato spray urticanti per far rientrare in un centro di identificazione, a Roszke, i 300 migranti che erano riusciti a fuggire e alla frontiera con la Serbia si sono accesi violenti scontri con i rifugiati che cercavano di entrare.

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