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Irezumi. Un nuovo libro sull'arte giapponese del tatuaggio. Presentazione a Tokyo con il Maestro Horiyoshi III

TOKYO - A Horiyoshi III, il re dell'Irezumi - l'arte tradizionale giapponese del tatuaggio - il fotoartista Masato Sudo ha dedicato interamente il suo nuovo libro fotografico “Ransho”, a trent'anni di distanza dalla prima pubblicazione che fece scalpore nel mondo. Alla presentazione presso il Foreign Correspondents' Club of Japan sono intervenuti entrambi, con alcuni dei “modelli” fotografati. Horishoshi III (nato Yoshihito Nakano nel 1946 nella provincia di Shizuoka) è uno dei pochi maestri “horishi” che coltiva anche legami internazionali, fin da quando fu invitato trent'anni fa a una convention internazionale del settore a Roma. Un appuntamento, come lui stesso racconta nella nuova pubblicazione, che gli fece capire come il mondo giapponese dell'Irezumi fosse troppo “introverso” e bisognoso anche di fecondi contatti con l'esterno.

Horiyoshi III non ha difficoltà ad ammettere l'esistenza di un legame speciale tra yakuza e tatuaggio, ma invita a non giudicare e a riconoscere la bellezza di quella che è una fondamentale espressione artistica con forti connotati spirituali. Caratteristiche illustrate da una efficace prefazione, nel libro pubblicato da Shogakukan con testi in giapponese e in inglese, dello storico dell'arte Kikuro Miyashita. Miyashita sottolinea che in realtà si tratta di un'arte universale che risale persino ai tempi preistorici, nel desiderio diffuso di decorare il corpo e le apparenze esterne.

Proprio nel Paese in cui è diventato una forma nazionale d'arte riconosciuta e apprezzata nel mondo, però, il tatuaggio è diventato quasi socialmente “tabù” in quanto (anche) segno distintivo dei membri della yakuza. Se si è tatuati non si può entrare in un “onsen” pubblico. Tanto che di recente c'è stato un mezzo incidente internazionale perché a una donna proveniente dalla Nuova Zelanda fu negato l'accesso a un onsen in Hokkaido. La donna - Maori - era tatuata su mento e labbra, secondo le tradizioni ancestrali del suo popolo. Un esempio di fraintendimento tra culture diverse, ma anche di un ormai radicato pregiudizio nel Giappone contemporaneo.

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