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Ti ricordi il «massacro dei bond» del 1994 (-30% in pochi…

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i campi minati delle strette monetarie

Ti ricordi il «massacro dei bond» del 1994 (-30% in pochi mesi)? Ecco perché la Fed ha paura di alzare i tassi

C’è un incubo che tormenta i sonni di Janet Yellen e degli altri membri del Federal Open Market Committee, il braccio di politica monetaria della Fed, che tra pochi giorni - in un contesto di rallentamento della crescita globale - probabilmente alzerà i tassi americani per la prima volta dopo nove anni e mezzo. Un incubo che quasi 22 anni fa divenne realtà, trascinando i mercati obbligazionari nell’abisso della più grande perdita nella storia: il famigerato “bond crash” del 1994.

Nessuno aveva previsto cosa sarebbe accaduto sui mercati quel terribile anno. Il 1994 si era aperto nel migliore dei modi, con l’economia statunitense al 34° mese consecutivo di espansione, e con tassi ai minimi storici. L’inflazione sembrava inoffensiva. Bill Clinton occupava lo scranno presidenziale senza elezioni all’orizzonte, anzi incassando il dividendo politico del North American Free Trade Agreement, il trattato di libero scambio nordamericano. I guai iniziarono a inizio febbraio, quando Alan Greenspan, allora timoniere della Fed, annunciò a sorpresa quello che sembrava un innocuo ritocco verso l’alto di 25 punti base dei tassi americani, dopo gli anni di politica monetaria ultra accomodante seguiti alla recessione del 1990-91.

Venticinque innocui punti base, ma era il primo rialzo dei tassi dopo sei anni. Vi ricorda qualcosa? La grande differenza, rispetto a oggi, fu che allora i mercati non erano preparati. O meglio, la Fed - in quello che è stato uno dei più colossali errori di comunicazione della sua storia - non li aveva preparati. Come ricorda fin troppo bene Richard Tang, all’epoca al desk di Salomon Brothers, quando quel 4 febbraio 1994 la Fed alzò a sorpresa i tassi di venticinque innocui punti base, un “ruggito gigante” si alzò in tutte le sale operative. «Sembrava la fine del mondo - aggiunge Paul Griffiths, responsabile del reddito fisso di Aberdeen Asset Management - tutti cercavano di uscire dalle posizioni nello stesso momento».

«I mercati obbligazionari reagirono con enorme rapidità e violenza - ricorda Scott Minerd, all’epoca nel desk di Morgan Stanley - riprezzando i titoli sulle aspettative di un ciclo di stretta monetaria imprevisto. La liquidità si prosciugò, con i volumi del nostro trading desk che da 500 milioni di dollari al giorno precipitarono ad appena 15 milioni». Nei nove mesi seguenti il decennale Usa balzò in alto di 240 punti base, e il trentennale di 150 punti base, fino a toccare quota 7,75% a metà settembre. Fortune ha calcolato che in meno di nove mesi sono stati bruciati solo sul trentennale qualcosa come 600 miliardi di dollari. Il tutto mentre naturalmente balzavano verso l’alto i tassi di tutto il mondo, polverizzando un trilione e mezzo di dollari.

Un sacco di gente perse un sacco di soldi, in quel terribile 1994. A partire da banche e broker. Nel primo semestre 1994 Salomon Brothers riportò perdite per 371 milioni di dollari. Askin Capital Management, che aveva gran parte dei suoi 600 milioni di dollari in gestione investiti in derivati ad alta leva sui mutui, venne letteralmente travolta dallo “spike” sui tassi. L’hedge fund Steinhardt Partners perse, si calcola, 4 milioni di dollari per ogni punto base di rialzo dei tassi, arrivando in maggio a polverizzare 4,6 miliardi di dollari. Un altro hedge fund che amava investire a leva sulle obbligazioni europee, Omega Partner, sprofondò del 24% nel primo semestre 1994. L’intero comparto assicurativo bruciò un trilione di dollari.

Ma alla fine il “bond crash” - dovuto a varie cause, ma soprattutto agli errori di comunicazione della Fed - per fortuna non si tradusse in una catastrofe. L’economia statunitense e quella mondiale continuarono a crescere. Il crollo dei bond lasciò tuttavia una profonda ferita nel cuore della Federal Reserve, che da allora si mosse con enorme prudenza nel percorso di stretta monetaria. Contribuendo così a gonfiare la colossale bolla internet di fine millennio, esplosa fragorosamente, come tutti ricordano, con effetti rovinosi soprattutto sui titoli tecnologici del Nasdaq. Da quel lontano 1994, chi alla Fed decide sul rialzo dei tassi ci pensa sempre due volte prima di premere il grilletto. Anche per venticinque miserabili punti base, come quelli del lontano 4 febbraio 1994. E - probabilmente - di mercoledì prossimo.

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