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2/4 Primo scenario / Una Gran Bretagna in espansione

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    Boom, crisi di transizione e disastro: il day-after della Brexit in tre scenari

    2/4 Primo scenario / Una Gran Bretagna in espansione

    La Brexit è un processo ordinato e lineare che eviterà le turbolenze a breve termine e sul medio periodo apporterà grande prosperità e benessere al popolo britannico.

    Le ipotesi
    Affinché la Gran Bretagna possa prosperare fuori dall'Ue più di quanto abbia fatto facendone parte a tutti gli effetti, sarà indispensabile che si vengano a creare alcune di queste quattro premesse.
    Per ridurre il fardello normativo esecrato da tante aziende, il Regno Unito dovrà abrogare o emendare parecchie parti delle normative dell'Ue. Per riprendere il controllo alle proprie frontiere – come desiderano con tutte le loro forze molti sostenitori della Brexit – il Regno Unito dovrà dotarsi di una politica immigratoria che non discrimini più a favore dei cittadini dell'Ue. Per abbattere i costi dell'adesione, dovrà risparmiare tutti o parte dei 13 miliardi di sterline l'anno di storni netti di bilancio all'Ue (compensati dai circa 7 miliardi di sterline che l'Ue invia alla Gran Bretagna).
    Infine, per evitare che si venga a creare un'interruzione nei flussi commerciali dai quali l'economia britannica si troverà a dipendere, il paese dovrà assolutamente sedersi al tavolo delle trattative con i paesi membri dell'Ue e non, compresi Stati Uniti, India, Cina, Giappone e Australia. Ciò andrebbe fatto con la massima urgenza: nel 2014 appena la metà del commercio estero britannico è avvenuto con l'Ue, mentre le vendite a e da 60 altri paesi dipendono da accordi ai quali sovrintende l'Unione.

    Che cosa dicono i suoi sostenitori
    Patrick Minford della Cardiff Business School sostiene che: “Sul lungo periodo la Brexit spianerà la strada a un importante periodo di grande crescita, dato che il Regno Unito si affrancherà dall'onnipotente Ue e dalla sua mentalità protezionista e si doterà di normative intelligenti per il libero commercio finalizzate a servire gli interessi economici del Regno Unito”.
    Con toni alquanto simili, Leave.EU, uno dei due gruppi più importanti che fanno campagna per la Brexit, parla di affrancare la Gran Bretagna dall'influenza dell'Ue che “preclude al Regno Unito di sfruttare fino in fondo un'economia globale in miglioramento e di capitalizzare la sua influenza senza pari in tutto il resto del pianeta”.
    Ruth Lea, consulente di Arbuthnot Securities, sostiene che essere fuori dal mercato unico dell'Ue non deve essere considerato un problema serio. “Gli scambi commerciali in base alle normative dell'Organizzazione Mondiale del Commercio non hanno effetti disastrosi, e buona parte del commercio dell'Ue si basa su quelle stesse normative” ha detto Lea.

    La sfida
    La maggior parte degli economisti mette in discussione le premesse implicite di questo scenario. “Sembra una pia illusione pensare che il pacchetto comprenda sia la possibilità di porre fine alla libertà di movimento (nell'Ue) sia di restare nel mercato unico e di sentirsi liberi di liberalizzare le tariffe commerciali esterne all'Ue” dice il professor Nick Crafts dell'Università di Warwick.
    Se la Gran Bretagna resterà parte integrante del mercato unico, dovrà rassegnarsi ad accettare le normative dell'Ue, compresa la libertà di circolazione degli individui, senza però avere nessuna influenza nella relativa fase decisionale. Dovrebbe in ogni caso pagare per poter accedere a quel mercato, come fa la Norvegia. E non potrebbe procedere a una deregulation maggiore di quanto faccia già oggi.
    Se il paese dovesse adottare un'intesa commerciale più lasca, avrebbe più controllo ma dovrebbe lottare per negoziare quello stesso accesso a beni e servizi.
    Raoul Ruparel di Open Europe, un think-tank che ha grande influenza sul Numero 10 di Downing Street, mette in discussione la premessa secondo cui la Gran Bretagna è destinata a guadagnare molto stringendo accordi con i paesi esterni all'Ue. “Molti paesi hanno accordi per il libero commercio, ma resta da capire se sono di qualità o no”. Per esempio, un recente accordo per il libero commercio firmato dalla Svizzera con la Cina apre immediatamente l'intero mercato svizzero a quest'ultima, ma manterrà sempre in vigore le tariffe doganali sulle esportazioni di orologi svizzeri in Cina”.
    Jonathan Portes del National Institute of Economic and Social Research, una società di ricerche, aggiunge che le normative potrebbero essere addirittura un peso più oneroso per fare affari fuori dall'Ue che nell'Ue. Al momento le regole che arrecano i danni maggiori all'economia britannica prevedono di mettere a punto leggi, una questione del tutto interna.

    Il responso del FT
    Gli attivisti delle campagne odierne volte a promuovere la Brexit sono in aperto contrasto con i gruppi che si opposero all'ingresso della Gran Bretagna nel mercato comune nel referendum del 1975. Negli anni Settanta quanti si opponevano all'ingresso nella Comunità Europea erano, in pratica, protezionisti. Nel 2016 il loro slogan è invertito: fuori dall'Ue prospera la libertà di commercio.
    Ma le affermazioni secondo cui la Gran Bretagna sarà maggiormente in grado di intrattenere scambi commerciali con paesi terzi, una volta che avrà lasciato l'Ue, non sono attendibili. Né è verosimile che il paese possa mantenere il medesimo accesso al mercato unico europeo riducendo al contempo le normative e gli storni di bilancio.

    Traduzione di Anna Bissanti
    Copyright The Financial Times 2016

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