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L’Europa al test dei tassi negativi. Ecco che cosa potrebbe accadere

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LE prossime MOSSE DELLE BANCHE CENTRALI

L’Europa al test dei tassi negativi. Ecco che cosa potrebbe accadere

È un mondo alla rovescia. Le banche che pagano un interesse alla Bce sui loro depositi, i risparmiatori che investono in bond sapendo che il loro capitale sarà restituito “limato”, le aziende di credito che potranno ricevere interessi, in Eurolandia, se prenderanno a prestito sufficiente liquidità per destinarla a crediti alle imprese. Neanche l’anarchico Pierre-Joseph Proudhon e la sua Banque du Peuple, e John Maynard Keynes con la sua eutanasia dei rentiers avevano immaginato tanto (ipotizzavano tassi zero...).

È un mondo però molto reale. Cinque banche centrali applicano, in forme diverse, tassi sotto zero: la Banca nazionale svizzera fa muovere il tasso di riferimento tra il -0,25% e il -1,25% e in passato è stato applicato anche un tasso del -0,93% (oggi è intorno al -0,78%): la Bns dunque paga le banche perché prendano a prestito denaro fresco. Sui depositi applica però un -0,75% che crea, almeno in parte, un equilibrio tra dare e avere. La Riksbank di Stoccolma ha un tasso di riferimento dello 0,50%, e applica sui depositi il -1,25%. La Danmarks Nationalbank applica il -0.65% sui depositi (in rialzo dal -0,75% del 2015), e la Nippon Ginko il -0,1%.

La Banca centrale europea ha portato il suo tasso sui depositi al -0,40%, dal -0,30%, giovedì scorso, ed è dal giugno 2014 che applica tassi negativi. In modo un po’ diverso rispetto alle altre autorità monetarie: l’onere ricade su tutte le riserve in eccesso presso la Bce - che aumentano a ritmi serrati a causa del quantitative easing - mentre nelle altre economie questo onere è imposto solo a una parte marginale, in genere ai nuovi depositi. La Bce ha però riconosciuto alle banche che chiederanno un livello minimo di liquidità a lungo termine per concedere prestiti alle imprese (nelle Tltro) un inaudito “premio” dello 0,40 per cento.

Non tutti vogliono seguire questa strada. Un’altra banca centrale ha però detto un «no» secco alla sola idea di tassi negativi: è la Bank of England, che pure è sempre stata molto pragmatica e aperta alle innovazioni. Un rifiuto che sembra sottolineare quanto sia innaturale l’attuale situazione. In realtà, «non c’è niente di speciale a quota zero», spiegano Stephen Cecchetti e Kermit Schoenholtz in una recente ricerca. Quando l’inflazione è più alta del costo del credito, i tassi reali - quelli che contano - diventano negativi. In Eurolandia accade dal 2011; al contrario in Svizzera con un’inflazione media del -1,15%, i tassi reali sono oggi positivi e pari allo 0,40%. È vero però che le banche possono trovarsi in difficoltà: aumenta una voce di costo ma non diminuiscono tassi e rendimenti che pagano. Trasferire tassi negativi alla clientela è facile se sono reali (ci pensa l’inflazione), difficile se sono nominali: o si agisce tutti insieme - ed è complicato, o non si può - oppure tutti restano fermi. È qui che nasce il no britannico.

Perché allora le altre autorità monetarie penalizzano quelle che non sono soltanto le loro clienti, ma anche le cinghie di trasmissione della loro politica? Uno degli obiettivi nascosti - almeno per le economie più piccole e aperte - è il cambio: abbassando i tassi a breve, si crea un deflusso di risorse “speculative” (che fuggono via) e questo movimento deprezza la valuta. Una ricerca di Hsbc mostra però che i tassi negativi non spaventano più di tanto il mercato valutario. Quello che conta è sempre il differenziale dei tassi tra due economie: se, per esempio, resta stabile, il cambio non varia. È accaduto qualcosa di analogo per la corona svedese verso la corona norvegese (e a Oslo i tassi sono positivi).

Andare sotto zero, allora, è stato (anche) l’ennesimo esperimento delle banche centrali nel tentativo non dichiarato di “svalutare” un po’ più degli altri la propria moneta. Pur sapendo che l’effetto del deprezzamento del cambio è sempre meno evidente. In ogni caso il gioco - come ha ripetuto il vicedirettore dell’Fmi David Lipton - è a somma zero (ci sono vincitori e perdenti) mentre oggi il mondo chiede giochi a somma positiva (dove, di più o di meno, guadagnano tutti). Il G-20 di Shanghai - come ha ricordato il presidente Mario Draghi - ha preso l’impegno a evitare queste manovre, e la Bce, rischiando di deludere i mercati, ha segnalato che al momento non si prevedono ulteriori tagli dei tassi.

L’esperimento non ha neanche avuto grande successo (a parte ricadute positive sulle aspettative, cruciali in politica monetaria). Come nota l’Hsbc è il quantitative easing ad avere maggiori effetti sul cambio, mentre la successione corretta delle misure di politica monetaria, notano Cecchetti e Schoenholtz, imporrebbe prima di abbassare i tassi fino al limite minimo, e poi di varare il Qe .

I tassi negativi di oggi sembrano allora il segnale che non si può o non si vuole andare troppo in là con gli acquisti di titoli. Sembra però inevitabile che in futuro l’attenzione tornerà proprio sul quantitative easing. È l’idea per esempio degli analisti di Barclays, secondo i quali, come spiegano Antonio Garcia Pascual e Philippe Gudin, i prossimi eventuali passi potrebbero essere «gli acquisti diretti di prestiti bancari, l’acquisto di azioni, e l’helicopter money», la distribuzione diretta di denaro all’economia.