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Petrolio, a Doha in bilico l’intesa salva prezzi. Assente…

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le quotazioni dell’oro nero

Petrolio, a Doha in bilico l’intesa salva prezzi. Assente l’Iran, Riad frena sui tagli

A prescindere dall'esito finale, il vertice di Doha è già un evento. Non succedeva da quindici anni di assistere a un tentativo così serio di collaborazione tra produttori di petrolio dell'Opec e non. E a sedersi intorno al tavolo domani nella capitale del Qatar saranno una ventina di Paesi, addirittura 25 secondo alcune fonti, un numero che non ha precedenti nella storia. Insieme sono responsabili di oltre la metà della produzione petrolifera mondiale, che è di circa 80 milioni di barili al giorno (mbg).

La posta in gioco è alta. La sola ipotesi di un accordo per congelare le estrazioni sui livelli di gennaio è stata il maggior fattore rialzista per le quotazioni del barile negli ultimi mesi, riuscendo a risollevarle di quasi il 60% rispetto ai minimi di gennaio, quando per la prima volta da 13 anni erano scese sotto 30 dollari al barile. Che si arrivi addirittura a un taglio di produzione coordinato è impossibile, concordano gli analisti. Così come è opinione comune che anche un congelamento non sposterà gli equilibri sul mercato del petrolio: i livelli produttivi in gennaio sono stati altissimi (e in seguito sono ulteriormente cresciuti in alcuni Paesi, raggiungendo livelli record in Russia e Iraq).

Eppure le trattative - insieme a segnali tangibili che la produzione di shale oil negli Usa sta calando - sono riuscite a migliorare sensibilmente l'umore degli operatori, spingendo i fondi di investimento a spostarsi su posizioni rialziste.

Nei due mesi trascorsi dall'intesa iniziale tra Arabia Saudita, Russia, Qatar e Venezuela, annunciata il 16 febbraio, il Brent si è apprezzato di quasi un terzo, fino a sfiorare questa settimana 45 dollari (venerdì ha chiuso a 43,10 $). E non c'è dubbio che le trattative diplomatiche per consolidare un consenso più ampio sul piano di Doha abbiano avuto un ruolo cruciale nel guidare l'andamento del petrolio, alternando momenti di euforia ad altri di delusione (e conseguenti ribassi di prezzo), che hanno raggiunto l'apice quando il principe Mohammad bin Salman, una delle figure più potenti in Arabia Saudita, ha smentito che Riyadh fosse disponibile a congelare la produzione senza che l'Iran facesse altrettanto: una posizione che ha ribadito anche ieri, aggiungendo che il Paese può aumentare l’output a 11,5 mbg subito e 12,5 in 6-9 mesi se solo lo desidera. «Questa non è la mia battaglia, è la battaglia di altri che soffrono per i prezzi bassi».

In seguito la Russia ha provato a ricucire, riaccendendo qualche speranza sulla possibilità di un accordo. La folta partecipazione all'incontro di domenica incoraggia l'aspettativa che finirà con un buco nell'acqua. In caso di accordo tuttavia, più ancora dei contenuti sarà importante la forma del messaggio: per evitare una discesa delle quotazioni del greggio, bisognerà inventare qualcosa che tenga in vita l'ipotesi di ulteriori interventi nel futuro, magari per tagliare la produzione.

Le assenze a Doha non sono comunque di poco conto. Quella che spicca di più è quella dell’Iran che all’ultimo momento ha chiarito che non manderà alcun rapresentante. Der resto il ministro Bijan Zanganeh aveva già ribadito più volte di non aver alcuna intenzione di mettere un tetto alla produzione: solo l'idea di chiederglielo, ora che Teheran è stata liberata dal giogo delle sanzioni internazionali, è «ridicola» aveva detto in febbraio. Dei 13 membri dell'Organizzazione degli esportatori di greggio mancherà anche la Libia, lacerata dalla guerra civile e con una produzione di greggio ridotta a meno di 400mila barili al giorno, un quarto delle sue potenzialità.

Anche nella schiera dei produttori non Opec ci sono assenze che pesano: la Norvegia e il Messico ad esempio, che in passato avevano tagliato la produzione insieme all'Opec, stavolta non saranno della partita. La prima non invierà nessun rappresentante, il secondo - che sta cercando partner stranieri per risollevare un'industria petrolifera in forte crisi - andrà solo in veste di osservatore. Secondo indiscrezioni raccolte dalla Reuters, il ministro delle Finanze messicano e il ceo della compagnia statale Pemex nelle stesse ore saranno anzi in viaggio per New York, dove hanno programmato una serie di incontri con potenziali investitori.

A Doha mancheranno anche - ma la circostanza non soprende - gli Stati Uniti, che rivaleggiano con Russia e Arabia Saudita ai vertici della classifica dei produttori mondiali di greggio. Mancherà il Canada. E mancherà la Cina, che con oltre 4,5 milioni di barili al giorno è al quarto posto tra i big del petrolio, anche se destinati all'autoconsumo.

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