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Quando alzerà i tassi la Fed? Per gli investitori dicembre è…

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oggi e domani si riunisce il fomc

Quando alzerà i tassi la Fed? Per gli investitori dicembre è l’ipotesi più probabile (Cina permettendo)

Oggi inizia la riunione di due giorni del Fomc (il braccio operativo della Federal Reserve, la banca centrale che guida la politica monetaria degli Stati Uniti). Gli analisti si aspettano: 1) le solite frasi di circostanza; 2) un linguaggio abilmente vago che consenta all’istituto di lasciare aperte tutte le porte sui prossimi passi da compiere. In sostanza, salvo sorprese, dalla riunione che si concluderà domani i mercati non si aspettano molto. Se non qualche segnale che possa aiutarli ad interpretare il timing del prossimo rialzo dei tassi.

La Fed sta provando a normalizzare la politica monetaria, a rientrare nel “vecchio mondo”, quello in cui il tasso di riferimento di una banca centrale (che sintetizza quanto costa il denaro all’ingrosso e detta poi la linea sui prestiti al dettaglio) viaggia intorno al 2-3%, l’inflazione poco sotto il 2% e il tasso di disoccupazione non oltre il 6 per cento. Ma fa davvero fatica. Dopo il primo rialzo dei tassi annunciato lo scorso dicembre, gli investitori avevano puntato su altri quattro mini-rialzi nel 2016. Questo perché le prospettive a 5 anni dell’inflazione (il dato che interessa le banche centrali) sono al 2,2% (quindi anche oltre l’obiettivo in area 2%) e il tasso di disoccupazione è scivolato intorno al 5% (per quanto non conteggi circa 90 milioni di individui che non lavorano ma neppure cercano un impiego).

Tecnicamente la Fed avrebbe le carte in regola per andare a normalizzare la politica monetaria e attuare quattro rialzi nel 2016. Ma così non sarà. Gli investitori non ci credono più. Stando al mercato dei future sui tassi Usa una stretta domani sera ha zero possibilità su 100, e una a giugno ha appena il 22,5% di probabilità. A settembre sale al 38% mentre a dicembre si attesta al 71 per cento. In parole spicciole: gli investitori si aspettano solo un rialzo nel 2016, a dicembre.

Molto dipenderà dalla comunicazione. La Yellen potrebbe anche decidere di spingere per giugno, mutando le attuali aspettative. «Al momento i mercati incorporano nelle valutazioni attuali un solo rialzo dei tassi nel 2016 - spiega Franck Dixmier, global head of fixed Income di Allianz Global Investors -. Questo difficilmente appare realistico nel contesto Usa di occupazione, trend in rialzo dell'inflazione domestica e ridotti rischi globali».

Ma non bisogna dimenticare che in autunno ci saranno le elezioni presidenziali. Difficilmente il presidente uscente Barack Obama - per quanto la politica monetaria sia e dovrebbe essere indipendente dalla politica - lascerebbe alla candidata democratica Hillary Clinton da gestire il fardello di una stretta monetaria in piena campagna elettorale.

La campagna elettorale non è il motivo più importante che ci aiuta a capire perché in questo momento le probabilità di un rialzo dei tassi anche a giugno stiano scemando. La ragione principale è la globalizzazione della politica monetaria. Oggi non ci si può più permettere di decidere di manovrare i tassi solo in funzione degli interessi dell’economia domestica. La circolazione dei capitali è talmente agevole e intrecciata che oggi i Paesi emergenti, e soprattutto la Cina, sono pieni di dollari e di debiti in dollari.

Di consuenza, un rafforzamento del biglietto verde - che seguirebbe a una normalizzazione della politica monetaria da parte della Fed - rischierebbe di far esplodere una bolla venutasi a creare nell’area emergente, creatasi proprio nel momento in cui la Fed portava e manteneva per cinque anni (dal 2009 al 2014) i tassi a zero, svalutando il dollaro e rendendo appetibile per i Paesi emergenti emettere obbligazioni in dollari. Senza poi dimenticare che la Cina detiene (dopo il Giappone) la quota più alta di titoli di Stato Usa. Questo intreccio - che alcuni economisti chiamano “equilibrio del terrore” - fa capire come mai la Fed ci stia pensando (e ripensando) più volte prima di alzare i tassi. E quanto sia complicato ormai tornare al “vecchio mondo”.

twitter.com/vitolops

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