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1/4 Un divorzio ostile

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    lo scenario

    Quattro possibili scenari per la Brexit

    Dove conduce la strada della Brexit? Soluzioni preconfezionate non mancano, dalla Norvegia al Canada fino ad arrivare alla minuscola Albania. Il problema è che gli alti funzionari di Londra e Bruxelles non sono convinti che qualcuna di queste possa funzionare. L'ipotesi più probabile è che la Brexit produca un modello a parte.
    È cominciata la ricerca del «modello britannico». In questo articolo esploriamo quattro possibili scenari, visti nell'ottica del processo più che nell'ottica dell'esito finale. Rappresentano quattro traiettorie estremamente diverse: un divorzio ostile, una rottura netta, una transizione amichevole e un ripensamento, in cui la Brexit viene evitata.
    Il modello britannico, in una certa misura, sarà la somma di tutti i calcoli a mente fredda, tutte le svolte a sorpresa e tutte le fiammate politiche che ne segneranno il percorso. «Il vero interrogativo non è quale sarà il modello finale», dice Pierre Vimont, diplomatico francese di lungo corso che in passato ha guidato il servizio diplomatico dell'Unione Europea. «È come andranno i negoziati e se si guasteranno o no i rapporti».
    Copyright The Financial Times Limited 2016
    (Traduzione di Fabio Galimberti)

    1/4 Un divorzio ostile

    Lo scenario
    I colloqui naufragano. La Gran Bretagna esce dall'Unione Europea con il livello minimo indispensabile di accordi transitori, perdendo in gran parte o completamente il proprio accesso preferenziale al mercato unico comunitario. Decide a quel punto di diventare una calamita per le imprese globali offrendo tasse basse e regolamentazione lasca e facendo una concorrenza accanita ai suoi vicini europei.

    Le ipotesi
    In una situazione di tensioni per le procrastinazioni inglesi o per le richieste dell'Unione Europea alla Gran Bretagna, Londra deciderebbe di agitare la minaccia di andare per la sua strada diventando uno snodo di scambio globale a bassa imposizione fiscale (e poi metterebbe in atto la minaccia).

    Il verdetto
    La nuova inquilina di Downing Street, Theresa May, non è favorevole a questa linea d'azione. Ma il timore dei funzionari di ambo le parti è che possa andare a finire così in ogni caso. Il giurista Derrick Wyatt, esperto di diritto comunitario, ha illustrato al Parlamento gli «enormi rischi» che si corrono se i politici «si faranno guidare dall'irritazione» e prenderanno misure unilaterali.
    Qualcuno favorevole a una rottura rapida però c'è, specialmente se questo consentisse alla Gran Bretagna di rielaborare il suo sistema normativo e fiscale in modo da attrarre imprese globali e nuovi settori di attività per la City. Crispin Blunt, presidente della commissione affari esteri della Camera dei comuni, ha detto che un ripiegamento sulle condizioni commerciali minime previste dall'Organizzazione mondiale del commercio sarebbe «un esito più che positivo dei negoziati per il Regno Unito».
    David Davis, il ministro per la Brexit, ha pronosticato con ottimismo che la Gran Bretagna riuscirà a istituire una grande area commerciale «dieci volte più grande dell'Unione Europea» in tempo per l'uscita, nel 2019.
    I funzionari di Bruxelles ammettono che la minaccia di un paradiso fiscale e normativo al largo dell'Europa continentale potrebbe indurre il blocco a fare concessioni commerciali. Ma se uno scenario del genere può funzionare per la City, l'assenza di un accordo commerciale sostanzioso con il più importante mercato del Regno Unito rischierebbe di penalizzare seriamente il resto dell'economia nazionale.

    Copyright Financial Times

    © Riproduzione riservata