Il fondo Atlante 2 attende con trepidazione le decisioni di investimento che possono arrivare dal mondo privato per riuscire a chiudere il cerchio sulla dotazione di capitale necessaria a rilevare i crediti problematici di Mps. Dopo il cda di Poste Italiane, martedì, ieri è stata la volta del board della Cassa deposti e prestiti: il management ha dato una nuova informativa sul possibile coinvolgimento, anche se una decisione ancora non è stata presa. Il contributo di Cdp in questa operazione non potrà essere altrettanto corposo rispetto ad Atlante 1, in cui la Cassa investì 500 milioni di euro. Il contributo potrebbe essere piuttosto nell’ordine di 200-250 milioni e questo anche per rispettare il delicato equilibrio della partecipazione dei soldi pubblici al fondo, che in caso di una presenza eccessiva conferirebbero al veicolo una natura pubblica che farebbe scattare l’aiuto di Stato. Il toto-sottoscrizioni, al momento, è ancora scevro di grandi novità: all’appello, seppure informalmente, dovrebbero esserci i fondi di Cdp fino a 250 milioni, poi quelli della società pubblica Sga per 500 milioni. Poste Vita potrebbe investire una somma attorno a 200 milioni, così come ha già dichiarato anche Generali. In questo modo ci sono 750 milioni di fondi a matrice pubblica e 400 milioni a matrice privata. Così l’equilibrio non funziona, perché la quota di Cdp e più in generale dei fondi pubblici non deve superare il 20% della dotazione. Si è parlato di una dotazione complessiva di Atlante 2 che dovrebbe arrivare a 3,5 miliardi. La quota pubblica, dunque, è già coperta, e serve ora lo sforzo da parte del privato. Alla causa potrebbe contribuire anche Atlante 1, che avanza ancora 1,7 miliardi: una parte di questi fondi, forse qualcosa attorno a 900 milioni, potrebbe essere destinato ad Atlante 2. All’appello, però, mancano ancora 1,2 miliardi. Ieri l’ad di Poste, Francesco Caio, ha detto che c’è tempo fino all’8 agosto per aderire al fondo e che Poste Vita delibererà nei prossimi giorni l’investimento. La società guidata da Maria Bianca Farina, che è al contempo presidente dell’Ania, replicherà probabilmente il percorso seguito con Atlante1 e aspetterà di formalizzare la sua scelta di pari passo con altri compagnie assicurative, anche per dare all’investimento una connotazione di operazione di sistema. Del resto, un orientamento di questo tipo era stato confermato dalla stessa Farina nelle scorse settimane in occasione dell’assemblea dell’Ania, quando aveva spiegato l’esigenza del sistema di trovare nuove forme di investimento alternative ai titoli di Stato in cui investire le riserve tecniche assicurative.«Oltre agli enti previdenziali, altri operatori del settore finanziario stanno valutando l’investimento. Soggetti orientati, per loro natura, al conseguimento di un profitto di cui si ipotizza il conseguimento nel partecipare all’operazione», ha confermato il viceministro ieri dell’Economia Luigi Casero.
È, probabile, dunque, che nuovi contributi arrivino dal comparto assicurativo (nei giorni scorsi, ad esempio, si era parlato di Unipol) anche se l’insieme non basterà a colmare il gap. Fondi dovrebbero arrivare da banche italiane, si è parlato di Unicredit, e probabilmente da qualche banca estera. Le decisioni, però, stanno richiedendo tempo e per questo motivo non è da escludere che la data dell’8 agosto possa anche subire una proroga. Va trovato, del resto, anche il modo di colmare il “vuoto” lasciato dalla decisione delle casse previdenziali di non investire in Atlante 2, facendo mancare un contributo fino a 500 milioni di euro.
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