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Dossier Rivolta contro Facebook dei pubblicitari: «Le scuse non bastano»

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Dossier | N. (none) articoliFacebook e il datagate

Rivolta contro Facebook dei pubblicitari: «Le scuse non bastano»

Foto Afp
Foto Afp

Gli inserzionisti britannici minacciano di abbandonare Facebook dopo la vicenda del sospetto abuso dei dati di decine di milioni di utenti. È quanto emerge da una riunione dell'Isba, l'organismo che rappresenta le maggiori agenzie pubblicitarie del Regno, il cui messaggio - a quanto riferisce la Bbc - è: «Il troppo è troppo». David Kershaw, boss del colosso M&C Saatchi, conferma poi che la minaccia di passare su altre piattaforme «non è un bluff» in mancanza di garanzia di svolte sulla sicurezza dei dati.

I media center internazionali sono in allarme per la crisi che sta attraversando Facebook, dopo le rivelazioni sui dati trafugati relativi a circa 50 milioni di utenti utilizzati da Cambridge Analytica in occasione della campagna presidenziale Usa del 2016, che ha portato Donald Trump alla Casa Bianca.

La Isba rappresenta circa 3mila agenzie, una forza considerevole come nota il numero uno di Saatchi. «Io non credo sia un bluff, si tratta di una pressione reale», avverte Kershaw a Bbc Radio 4, citando lo scandalo Facebook-Cambridge Analytica come la goccia che può far traboccare il vaso e lasciando intendere che le scuse di Mark Zuckerberg non bastano. «Io penso che i clienti siano arrivati a un punto nel quale il troppo è troppo, e hanno ragione», dice Kershaw. «Dal punto di vista dei consumatori - aggiunge - i social network restano un servizio straordinario in cambio del quale tu condividi i tuoi dati. Ma credo sia un accordo che la maggior parte dei consumatori accetta solo finché quei dati non
vengono fatti oggetto di abuso, come accade ora».

Fra i grandi inserzionisti, nota Bbc, il boicottaggio di Facebook (ma anche di Google) è già stato minacciato dalla multinazionale Unilever, per bocca del responsabile marketing Keith Weed: «Non possiamo avere un ambiente nel quale i nostri clienti non si fidano di quello che trovano online».

Il fronte tedesco
La neo ministra della Giustizia tedesca, la giurista Katarina Barley, minaccia pene severe al colosso del web Facebook. E' quanto ha dichiarato stamani alla
stampa. «È un vero scandalo quanto è successo» e «non può essere che
gli utenti non abbiano la possibilità di essere bene informati», ha proseguito Barley, perchè «gli utenti si devono poter difendere». In prima istanza bisognerà quindi capire cosa è successo, ha continuato la ministra, «e per questo abbiamo chiesto al management di chiarire». «È veramente il caso di pensare a sanzioni», aveva detto poco prima. La Germania procederà nella cornice della Ue: «Questa è una materia europea che deve essere affrontata e regolata a livello europeo».

I pubblicitari italiani
Non si è fatta attendere la nota di commento dei pubblicitari italiani: «Il caso Cambridge Analytica mette in evidenza la difficoltà di un colosso del web come Facebook – commenta Carlo Noseda, presidente di Iab Italia, l’associazione più importante nel campo dell’adv digitale - di garantire la tutela dei dati dei propri utenti, ossia delle fondamenta su cui si basa la legittimità del social network stesso. Il possesso di dati sensibili che tracciano l’identikit online di miliardi di persone porta inevitabilmente una maggiore responsabilità sociale da cui i big del settore non possono sottrarsi, e che anzi, dovrebbero curare con maggiore attenzione. Questa falla -prosegue Noseda – si ripercuote non solo sul business di Facebook, ma dell’intera industria della pubblicità digitale che in Italia si traduce in oltre 2,65 miliardi di euro di investimenti pubblicitari e un indotto che cuba oltre 58 miliardi e 260 mila persone impegnate a tempo pieno. Ecco perché un framework comune e condiviso sulla trasparenza nell’utilizzo dei dati da parte delle società diviene ancora più urgente. Come associazione a livello europeo, stiamo portando avanti il Gdpr Transparency & Consent Framework, in grado di fornire a editori, inserzionisti e aziende adtech strumenti comuni con cui riconoscere e comunicare il consenso del consumatore per la pubblicazione di contenuti e pubblicità in linea con il Gdpr, impedendo così ai player di utilizzare i dati degli utenti per scopi diversi da quelli inizialmente dichiarati. In questo modo si dovrebbe garantire una maggiore tutela sia nella fase di raccolta, che di utilizzo dei dati degli utenti. Una prospettiva nobile, che vorremmo fosse sposata diligentemente da tutti gli operatori, grandi o piccoli che siano».

Gli esposti del Codacons
Il codacons ha presentato una pioggia di esposti in 104 procure in relazione allo scandalo “Datagate” e sul possibile coinvolgimento di utenti italiani. “Di fronte all'aggravarsi dello scandalo sull'utilizzo dei dati sensibili degli utenti a fini elettorali, abbiamo deciso di coinvolgere la magistratura affinché accerti eventuali reati commessi sul territorio italiano da Facebook o da società terze legate al social network - spiega in una nota il presidente Carlo Rienzi -. Se infatti emergerà che profili e dati personali dei cittadini italiani iscritti a Facebook sono stati usati in spregio delle norme e per profilazioni politiche e campagne elettorali, si determinerebbe una palese violazione del Codice della Privacy, concretizzando reati per cui è prevista la reclusione”.

Nell'esposto, che è stato inviato anche al Garante per la Privacy, il Codacons chiede di aprire indagini alla luce delle possibili fattispecie previste dall'Art. 167 del Codice della Privacy (Trattamento illecito di dati) e dall'art. 169. (Misure di sicurezza).

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