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Allarme caschi pericolosi: sequestrati dalla GdF 7mila modelli che non…

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CRONACA

Allarme caschi pericolosi: sequestrati dalla GdF
7mila modelli che non rispettano le norme di sicurezza


Oltre settemila caschi da moto non omologati, prodotti da due aziende lombarde, e 20 mila etichette sono state sequestrate su tutto il territorio nazionale dalla Guardia di Finanza di Genova nell'ambito dell'operazione «Non ci casco». L'indagine è partita nel 2008 su segnalazione della Procura di Genova e ha interessato due aziende italiane e i modelli incriminati recano i marchi «Stoneline» e «Stone». Il numero di omologazione dei caschi non sicuri è E24 050006.


La Guardia di finanza invita i possessori non utilizzarli a consegnarli al più vicino reparto delle fiamme gialle. Peccato che non siano stati dichiarati i marchi e i nomi delle aziende coinvolte.

I caschi sequestrati dalle Fiamme Gialle non hanno superato i test di conformità, fatti nel 2008, e non risultano sicuri. I prodotti sono risultati completamente deficitari alle prove di assorbimento all'impatto e di scalzamento I caschi sequestrati dalla Guardia di finanza di Genova avevano ottenuto l'omologazione E24 050006 in Irlanda.
Successivamente, le due società indagate hanno portato la documentazione al Ministero dei trasporti italiano. Qui, dopo un primo controllo dei documenti sono state rilasciate le etichette.
Soltanto dopo la segnalazione della Procura i campioni dei caschi sono stati sottoposti a specifici controlli, fino a scoprire i difetti di produzione.

Secondo l'ipotesi investigativa infatti le due aziende produttrici, dopo aver ottenuto l'omologazione, in fase di produzione non avrebbero mantenuto fede alle caratteristiche dei modelli presentati. Successivamente, le due società indagate avevano presentato la documentazione al ministero dei Trasporti e qui, dopo un primo controllo dei documenti, erano state rilasciate le etichette (i finanzieri ne hanno sequestrate 20 mila).

Solo dopo la segnalazione della Procura i campioni dei caschi sono stati sottoposti a specifici controlli, con la consulenza di periti, rintracciando così i gravi difetti.
Resta da verificare se nei passaggi seguiti per ottenere le varie certificazioni ci possano essere state delle complicità. Intanto gli ignari motociclisti che hanno acquistato questi prodotti corrono ancora il rischio della sicurezza personale. Le fiamme gialle non sanno quanti ne siano finiti effettivamente in commercio e chiedono di controllare l'etichetta col numero di omologazione.

Se dovesse corrispondere a E24050006 dovranno essere riconsegnati subito alla Finanza perché insicuri. È importante - ha spiegato il capitano Giuseppe Pappalardo del comando provinciale di Genova - che chiunque abbia acquistato un casco che riporta l'etichetta con il numero di omologazione E24 050006 lo consegni subito alla Finanza perché mette in pericolo la propria sicurezza.

Le indagini sono ancora in corso e potrebbero portare al sequestro di altre numerose partite difettose di caschi.
L'indagine, partita nel 2008 su segnalazione della Procura del capoluogo ligure, è infatti ancora in corso e potrebbe portare al sequestro di altre partite difettose. L'operazione ha portato a numerose perquisizioni che hanno interessato tutto l'arco della filiera commerciale, dalla linea di produzione delle due società realizzatrici, al grossista, fino all'ultimo rivenditore. «Adesso - spiega il capitano Pappalardo - le indagini saranno rivolte a capire se c'è stata una connivenza tra le due società e chi ha rilasciato l'omologazione. Per chi ha acquistato questi prodotti, invece, l'unico rischio è il sequestro del casco, oltre ovviamente a quello della sicurezza personale».


Prove di assorbimento urto, sui sistemi di ritenuta e sulla visiera: sono una settantina, e appartengono a queste tre principali categorie, i test a cui vengono sottoposti i caschi per poter ottenere l'omologazione e il via libera alla vendita.
A disciplinare la materia è un regolamento comunitario, l'Ece/Onu n.22/05. La normativa, infatti, è unica per tutti i Paesi membri dell'Ue.
In Italia, dove le aziende producono 3 milioni di caschi, di cui un milione assorbiti dal mercato interno, l'omologazione è concessa dal Ministero dei Trasporti. «Per poterla ottenere - ha spiegato Gianluca Solani, responsabile tecnico del settore caschi, dell'Ancma, Associazione nazionale ciclo motociclo e accessori - viene innanzitutto valutata la qualità dell'azienda che produce i caschi. In caso di valutazione positiva, l'ente che rilascia l'omologazione, in Italia appunto il Ministero, affida a un laboratorio terzo le prove, che vengono inizialmente svolte sui prototipi».
Si tratta di una settantina di test, divisi in tre categorie, in cui sono valutate, tra l'altro, la resistenza del casco allo schiacciamento, la resistenza delle fibbie a una trazione di 300 kg e vengono svolte prove di schiacciamento.
Superate queste prove, l'azienda può avviare la produzione in serie, ma non può ancora vendere i caschi: prima, infatti, devono essere svolti test «di routine» sui 50-60 pezzi del primo lotto di produzione. Superate anche queste prove, il Ministero dà il via libera alla commercializzazione. Ma i controlli non finiscono qui. «La normativa - ha aggiunto Solani - prevede che i test vengano ripetuti ogni 3.200 caschi, proprio per garantire che le normative sulla sicurezza vengano rispettate sempre». Le normative sull'omologazione dei caschi, dunque, sono severe, ma, ha concluso il responsabile tecnico dell'Ancma, «non è detto che vengano sempre rispettate».

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