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Fiat: dubbi e consigli sui siti Usa

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Mercato e industria

Fiat: dubbi e consigli sui siti Usa

Mentre il numero uno della Fiat, Sergio Marchionne, è negli Stati Uniti per negoziare l'alleanza con Chrysler, Usa Today, il quotidiano più diffuso degli Stati Uniti, mette in evidenza sul suo sito i dubbi che circolano sulla casa automobilistica italiana. «Fiat, possibile salvatore di Chrysler, ha bassi punteggi di affidabilità», è il titolo che si legge nella sezione auto del sito web. L'articolo, firmato da James Healey, fa riferimento a due indagini britanniche sui veicoli del mercato europeo, secondo le quali «le auto Fiat sono inaffidabili e non soddisfacenti».
Per di più Standard&Poor's ha abbassato il rating di Fiat dicendo che il gruppo sembra non avere abbastanza soldi per pagare il debito in maturazione nei prossimi 12 mesi. «Sono notizie che fanno rabbrividire», osserva Usa Today, «nel momento in cui Fiat è considerata il solo salvatore di Chrysler, attraverso una proposta di partnership». I bassi punteggi di Fiat, secondo il quotidiano Usa, «danno nuova vita all'immagine di bassa qualità che il marchio aveva prima di lasciare gli Usa nel 1987». Viene sì citato il parere di un professore della Columbia University, John Whitford, secondo il quale i nuovi modelli della Fiat sono migliorati. Ma le due indagini britanniche registrano «insoddisfazione».
Le critiche: Which?, una rivista britannica che consiglia i consumatori, mette Fiat e Alfa Romeo siano in fondo alla classifica dell'affidabilità e «devono migliorare in modo significativo»; un'inchiesta condotta da J.D. Power and Associates e la rivista What Car? mette la Fiat al 28.mo posto su 28 nella classifica dell'indice di soddisfazione dei consumatori per le auto usate di due anni.
«Questi punteggi», nota Usa Today, «gettano dubbi» sulla possibilità della Fiat di migliorare i punteggi Chrysler.
Sulla stampa americana i dubbi sull'opportunità dell'alleanza con la casa italiana sono piuttosto diffusi. Il Wall Street Journal si domanda se Washington impedirà a Fiat di inseguire il suo sogno americano. Il governo Usa, scrive il Wsj, ha dato a Chrysler un mese per rinegoziare il suo accordo con Fiat come condizione per ottenere un prestito statale di 6 miliardi di dollari. Fiat dovrà ridurre la sua quota «forse al 20%» (rispetto al 35% proposto) e impegnarsi a non cercare di avere la maggioranza di controllo prima che il prestito sia rimborsato. L'accordo originario, continua il quotidiano newyorchese, era particolarmente favorevole a Fiat e «non è sorprendente» che il governo Usa voglia limitare i vantaggi per Fiat nel caso di una ripresa di Chrysler. «La questione per il costruttore italiano è se i nuovi termini offriranno un ritorno sufficiente sul suo investimento di tempo e denaro perché l'accordo valga la pena di essere fatto». Il capo di Chrysler, Bob Nardelli, ha detto che l'apporto di tecnologia di Fiat vale 10 miliardi di dollari. «Se è così – argomenta il Wsj – un accordo che dia a Fiat una quota del 20% valuterebbe Chrysler, improbabilmente, a 40 miliardi dopo l'iniezione di fondi governativi».
Ma Fiat non ha ancora fatto marcia indietro, sottolinea il Wall Street Journal, osservando che, poiché fornisce tecnologia e non contanti, ha possibilità di negoziare. Secondo il quotidiano Usa, le alternative alla Fiat dall'altra parte dell'Atlantico sono scarse. In ogni caso, «Fiat dovrebbe usare i 30 giorni che Washington ha dato per soppesare le opzioni, in particolare considerando le pressioni sul proprio bilancio». Secondo un analista, Fiat ha liquidità di 4,9 miliardi di euro, ma i debiti a breve in maturazione sono quasi il doppio. Fiat, avverte il Wall Street Journal, rischierebbe nel prendere una casa automobilistica in perdita nel mezzo di una recessione. «La questione è se sia questo il momento per la Fiat di tuffarsi in America». In altri pezzi il giornale registra le posizioni critiche dei nemici politici contro la strategia automobilistica di Obama e definisce «pasticciata» la soluzione «chirurgica» prospettata per Gm e Chrysler, il fallimento pilotato.
Un'Ap sulla corsa contro il tempo di Gm e Chrysler, pubblicata su molti siti Usa tra cui quello del Chicago Tribune, fa sapere che in base ai nuovi termini dell'accordo da negoziare, la quota Fiat salirebbe di 5 punti percentuali ogni volta che sono raggiunte certe tappe.
«Aiutando Chrysler, Fiat potrebbe trovare un'opportunità», titola il New York Times, in un articolo di Eric Sylvers. Con un rovesciamento di situazione «degno di un film di Hollywood», Fiat, che quattro anni fa Gm pagò 2 miliardi di dollari per tirarsi fuori dall'obbligo di comprarla, ora è vista come il salvatore di Chrysler. «Ma un matrimonio con Fiat può salvare Chrysler e come sarebbe questa unione?». Marchionne è osannato dagli esperti come «la persona di cui Chrysler ha bisogno». Ma dovrà affrontare sfide che hanno fatto naufragare «una lunga lista» di partnership transnazionali. L'articolo riporta i pareri di vari esperti e sottolinea che il sostegno di Obama è per l'Italia un voto di fiducia, un quarto di secolo dopo che Fiat ha lasciato il mercato americano. A quell'epoca, ricorda il New York Times, i detrattori dicevano che il nome Fiat era l'acronimo di "Fix It Again Tony" (aggiustalo di nuovo, Tony). In un commento, sempre sul New York Times, ci si domanda se Fiat debba darsi da fare per ottenere un accordo prima della scadenza del 30 aprile. E anche se c'è il rischio che entri in pista un rivale, gli analisti Hugo Dixon e Rachel Sanderson ritengono che Fiat potrebbe aspettare ancora un po' per ottenere un affare migliore, per esempio offrendo di comprare solo i pezzi che vuole – le fabbriche di Chrysler o parte della rete distributiva, con l'aiuto governativo associato. Ma se Marchionne decide di fare l'accordo, «prima di tutto deve essere convinto che Fiat abbia più possibilità di successo del suo rivale tedesco», Daimler, che a suo tempo non riuscì a raddrizzare Chrysler.
Anche il francese Les Echos si chiede se gli italiani del Nord saranno più dotati dei tedeschi del Sud per conquistare «il cuore e il portafogli dei consumatori americani». In un commento intitolato «Matrimonio all'italiana», il quotidiano economico francese osserva che Marchionne può negoziare con serenità con l'amministrazione americana, sapendo che «non ha niente da perdere e tutto da guadagnare». Daimler aveva subito un grosso smacco dopo avere pagato 36 miliardi di dollari per acquisire Chrysler nel 1998, mentre Fiat «ha l'abilità di viaggiare leggera». E in più, assaporerà il gusto della rivincita, dopo il divorzio da Gm. «Obama impone di rinegoziare l'accordo Fiat-Chrysler», titola ancora Les Echos nella corrispondenza da New York, facendo notare che la vicenda «si complica», ma che «Fiat ci crede, nonostante tutto». Segno del suo «volontarismo» è il viaggio di Marchionne negli Usa. Oltre alla riduzione della quota dal 35 al 20%, Washington impone «una riduzione drastica del debito» di Chrysler.
La vicenda è seguita da molti altri siti francesi. «La sopravvivenza di Chrysler nelle mani dell'italiana Fiat», titola Le Figaro, registrando la reazione d'orgoglio della stampa nostrana. Per Fiat, «il rischio è per ora limitato poiché non sborsa un centesimo per entrare nel capitale della casa americana». «L'Italia si inorgoglisce dell'alleanza Fiat-Chrysler» titola il Nouvel Observateur, mentre Le Monde si limita a notare che si precisano le condizioni dell'ingresso di Fiat nel capitale di Chrysler.

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