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Chrysler, la parola al tribunale. E Fiat si concentra su Opel

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Mercato e industria

Chrysler, la parola al tribunale.
E Fiat si concentra su Opel

Dopo il via libera dei due gruppi industriali e la benedizione della Casa Bianca partono le procedure per l'amministrazione controllata di Chrysler, che secondo i piani dell'amministrazione Obama dovrebbe essere chiusa entro due mesi. La casa di Detroit ha preparato oggi la richiesta per ottenere 4,5 miliardi di dollari dal Governo, ha dichiarato la legale Corinne Ball, davanti alla corte per la bancarotta di Manhattan. Ball ha precisato che sempre da oggi sarà fermata la produzione in tutti gli impianti Chrysler.

La prossima udienza davanti alla Corte per la bancarotta di Manhattan è fissata per il 4 maggio prossimo: la casa automobilistica americana punta a incassare «a breve termine» il via libera del giudice all'alleanza con Fiat e la vendita alla Nuova Chrysler della maggior parte dei suoi asset per 2 miliardi. Se l'accordo dovesse essere bocciato - avverte il legale nel documento consegnato in tribunale - la casa automobilistica sarebbe liquidata e questo «segnerebbe la fine di un'icona americana e la perdita di 38.500 posti di lavoro».

Chrysler taglierà comunque 6.500 posti di lavoro in seguito alla chiusura di otto impianti, secondo quanto riportato dall'emittente televisiva statunitense Cnbc, e ridurrà del 50% le spese di marketing. Una notizia, quella del taglio degli impianti, che ha trovato conferma in serata: «È ancora troppo presto per dire cosa accadrà agli impianti che non andranno alla nuova società - spiega un portavoce della casa di Detroit in una nota -. Chrysler cercherà di trovare nuove collocazioni per i dipendenti di tali impianti».

Intanto Chrysler Financial ha cessato da oggi di fornire finanziamenti agli acquirenti di auto Chrysler. Lo riporta il Wall Street Journal, citando alcuni concessionari che avrebbero ricevuto comunicazioni dalla stessa società. Chrysler Financial ha reso noto giovedì che le sue attività di finanziamento sarebbero state rilevate da Gmac, la divisione finanziaria di General Motors.

L'operazione Chrysler-Fiat, al tempo della globalizzazione, non poteva non avere effetti anche in altre aree produttive del pianeta. In Giappone, per dire, non mancheranno le ripercussioni sulle imprese della componentistica impegnate con il costruttore americano. Il Governo di Tokyo vigilerà sui possibili effetti negativi del fallimento pilotato: lo ha detto il ministro dell'Economia, Toshihiro Nikai, spiegando che se l'industria giapponese sarà danneggiata «prenderemo le misure adeguate».

In ogni caso, adesso per la Fiat è arrivato il momento di concentrarsi sullo scenario europeo, quindi su Opel. «Ora - ha sottolineato, in un colloquio con La Stampa, l'amministratore delegato Sergio Marchionne - dobbiamo concentrarci su Opel: sono loro i nostri partner ideali». Il manager ha negato che si prepari un disimpegno dagli stabilimenti italiani dopo l'intesa con Detroit, come adombrato dai sindacati durante il corteo del primo maggio a Torino.

«Non ho mai abbandonato nemmeno per un secondo l'impegno verso il sistema italiano - ha spiegato Marchionne - ma insieme ai sindacati e al Governo dobbiamo essere capaci di affrontare i problemi strutturali in modo responsabile, tenendo fede a tutti gli impegni con i dipendenti. Però non possiamo non guardare a una domanda che è calata».

«L'esempio che ci viene da Obama - ha concluso l'amministratore delegato del gruppo Fiat - è che dobbiamo mantenere e rafforzare l'industria del Paese, ma riconoscendo la realtà delle cose. Un percorso che faremo nel rispetto delle specificità del sistema europeo e del nostro radicamento italiano. Non sono diventato Marchionnne l'Americano». (Al.An)

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