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Audi, cento anni per quattro anelli

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ANNIVERSARIO

Audi, cento anni per quattro anelli

  • –di Marco Ferrando

In principio fu August Horch. È a questo ingegnere nato e cresciuto, automobilisticamente parlando, nella Daimler-Benz, che si deve, il 16 luglio di cento anni fa, la nascita di Audi. Marchio che conserva impresso nel suo stesso nome il timbro del suo fondatore: Horch, in tedesco significa ascolta!, e quando – era appunto il 1909 – l'ingegnere tedesco si trovò costretto dal tribunale di Lipsia a dover dare un nome diverso alla seconda casa automobilistica da lui fondata in dieci anni, ebbe l'idea di tradurre in latino il suo stesso cognome.
Di qui Audi, che a partire da questa sera nella città simbolo di Ingolstadt, inizia la sua settimana di celebrazioni per il primo secolo di vita e successi: a spegnere idealmente sulla torta sarà lo stesso cancelliere Angela Merkel, mentre i panni del maestro di cerimonia saranno calzati da Rupert Stadler, presidente del consiglio di amministrazione di Audi; sarà lui a dare il via a una vera e propria parata di stelle, con personaggi della politica, dell'industria, dello sport, della cultura e della scienza. «Basta un'occhiata alla lista dei nostri ospiti - ha dichiarato Stadler – per capire quale prestigio abbia acquisito il nostro marchio nei suoi primi cento anni. Questo traguardo non è solo un'occasione per celebrare, ma anche una buona ragione per invitare tutti i nostri lavoratori a continuare a scrivere la storia di successo di Audi nel futuro».

Cento anni e non sentirli, verrebbe da dire. E pensare che anche per Audi, così come per la maggior parte delle maggiori case automobilistiche di successo, si è trattato di un secolo quanto mai denso di periodi splendenti e altri bui, cadute e risalite, fusioni felici e annessioni traumatiche. Se nel marchio Audi resta impresso il nome di colui che l'ha fondata cento anni fa, nel simbolo – i quattro anelli concatenati – c'è la memoria di una delle tappe decisive della storia di Audi: la fusione, nel 1932, di Audi (che nel 1928 era stata assorbita dalla Dkw), con il produttore Wanderer e, guarda caso, proprio quella Horch fondata nel 1899 sempre da August. È allora che nasce la Auto Union, gruppo che alla fine degli anni ‘30 poteva contare su quattro brand, una quota pari al 25% del mercato tedesco, e una sfilza di record: forte del primato di velocità, pari a 406,3 kilometri all'ora, Auto Union era in quegli anni uno dei simboli del potere tecnologico del regime hitleriano. Poi il disastro della guerra, la rinascita a Dusseldorf e la contemporanea nazionalizzazione, prima il trasferimento a Daimler-Benz, nel 1958, quindi l'ultimo – definitivo – a Volkswagen, nel 1966. L'ultima svolta, decisiva: è proprio grazie alla casa di Wolfsburg, in quegli anni alla ricerca di alternative all'ormai superato maggiolino, che Audi-Auto union trova le forze (e i capitali) per risorgere a nuova vita. Nel 1968 vede la luce l'Audi 60: economica e spaziosa, con potenza di 55 cv, è il modello della rinascita del marchio, dopo un lungo periodo di silenzio: scelta come bandiera del progresso del motore a quattro tempi, Audi inizia da qui la sua costante ascesa nel mondo dell'automobilismo sportivo. Nello spazio di poco tempo arriva l'Audi 100, l'Audi 80 (auto dell'anno 1972), l'Audi 50 – vettura figlia della crisi energetica, monta quattro diversi motori da 34 a 60 cavalli – e la mitica Audi quattro, del 1980, pietra miliare del marchio, che in anni recenti ha centrato nuovi grandi successi con le nuove serie dell'Audi 100, con la A3 e la A4.

La prossima puntata? Andrà in onda già stasera, quando si alzerà il velo sull'auto del centenario. È la sesta new entry a marchio Audi del 2009 per il mercato tedesco, un passo in più verso «il traguardo – ha anticipato nei giorni scorsi ancora Stadler – di espandere il nostro parco a 42 modelli entro il 2015».

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