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Ducati, cosa c'è oltre i rumors

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ANALISI

Ducati, cosa c'è oltre i rumors

  • –di Irene Saderini

Poiché è nella natura stessa di un fondo come Investindustrial acquisire un marchio – come la Ducati a pezzi del 2006 - per poi cederlo o quotarlo, è curioso sviscerare come nessuna delle notizie uscite nelle ultime 24 ore avesse lontanamente il sapore di uno scoop: non è la prima volta che Andrea Bonomi, Presidente del fondo e principale azionista di Ducati Motor Holding, rilascia interviste circa una possibile quotazione e c'è pure da dire che i colleghi del Financial Times devono aver forzato la mano sulle dichiarazioni interessate di un qualche colosso automobilistico con la casa di Borgo Panigale nell'intervista che ha inspiegabilmente scioccato la stampa italiana nel pomeriggio di ieri.

Per non aggiungere retorica alla retorica, partiamo dalle cose facili come il coinvolgimento di Bmw, bufala accertata, senza altro da aggiungere. Passiamo agli indiani di Mahindra, che tempo fa hanno detto di essere interessati a comprare la Ducati, così come avevano detto che si sarebbero comprati la MVAgusta e così come avevano detto che avrebbero vinto la MotoGP con una moto rivoluzionaria. Avevano detto.

Veniamo a questioni sempre più concrete come quella di Volkswagen e Ferdinand Piech, che formalmente non è il numero uno del gruppo ma che nella realtà lo controlla attraverso la presidenza del consiglio di amministrazione, vero governo dell'azienda secondo il modello societario tedesco e che in passato ha fatto il nome Ducati nelle sue dichiarazioni. Di tutte le chiacchiere fatte, la verità è che il nipote di Ferdinand Porsche è un visionario particolarmente testardo, e gli addetti ai lavori sono abituati ai suoi colpi di testa. Se proprio vogliamo fare del romanticismo da telenovela poliziesca, allora consideriamo la psicologia di Ferdinand Piech.

Illuminante è la faccenda successa con Wiedelin Wiedeking, ex numero uno di Porsche, che si era dimenticato di chiedere il permesso a "zio Ferdi" circa la strategia sulle sue mire onnipotenti verso Volkswagen. È andata a finire che Wiedeking è fuori da Porsche e Volkswagen si è presa tutto. E qui arriva l'interesse per Ducati: sotto la guida di Wiedking, però, Porsche aveva sviluppato quel brillante motore per gli americani di Milwaukee che ora vantano le 4 valvole per cilindro sulla splendida Harley Davidson V-Rod. Il dubbio che Piech non si sia accontentato di aver tagliato fuori l'acerrimo nemico e ora non voglia essere da meno sulle due ruote, trattandosi di una telenovela poliziesca, può anche venire.
Più concreta è la partnership, peraltro ben avviata, tra Ducati e Mercedes, tradotta in presentazioni collettive e in modelli come la Diavel AMG o i gemellaggi delle edizioni speciali come Mercedes CLS 63/Diavel e SLS AMG/848 Streetfighter. Se mai ci fosse un investitore esterno per Ducati, l'ipotesi più sensata sarebbe proprio questa, non fosse che in più di un'occasione e a domanda precisa, i tedeschi di Stoccarda hanno storto il naso.
Cosa rimane sul tavolo? Banalmente la soluzione che arriverà, prima o poi, della quotazione IPO a Hong Kong, così come ha già fatto Prada scegliendo di quotarsi su una borsa ricca che apprezza molto i marchi del lusso europeo. Non sarà un caso se lo scorso anno Investindustrial ha dato mandato a Goldman Sachs e Banca Imi di sondare proprio una quotazione di Ducati sul mercato di Hong Kong. E non sarà un caso se il 14 di agosto sul Sunday Times usciva la notizia a firma del Senior Business Correspondent, Karl West, della probabile quotazione di Ducati su Hong Kong, valutata in 875 milioni di pound, con anche la previsione per i primi mesi del 2012, epoca in cui la casa di Borgo Panigale avrebbe fatto pressing sullo share offering. Non è forse il mese di febbraio uno dei primi dell'anno?

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