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MERCATO

La Uiga ha riunito gli Stati Generali dell'automobile per trovare soluzioni concrete

L'automobile e tutto ciò che attiene ad essa, da moltissimi anni è stata considerata una "milk cow", un "bancomat" dove attingere ogni qualvolta occorreva ottenere denaro fresco per coprire spese impreviste o recuperare fondi a vario titolo, dai diversi Governi che si sono succeduti. Oggi il comparto è giunto sotto il limite della sussistenza, messo in ginocchio dalla crisi, che per altro attanaglia mezza Europa, e da una fiscalità divenuta insopportabile.

Dagli Stati Generali dell'Automotive convocati dall'Uiga, l'Unione Italiana dei Giornalisti di settore, si è levato un coro unanime per combattere la crisi, invocando con forza il cambio di rotta del Governo. Alla tavola rotonda dal titolo "La Uiga riunisce gli Stati Generali dell'Automotive: confronto su prospettive e proposte per sostenere e rilanciare tutta la filiera" svoltasi a Roma, hanno preso parte i massimi rappresentanti di Unrae, con Romano Valente (Direttore Generale), di Anfia, con Gianmarco Giorda (Direttore Generale), di Federauto, con Gianfranco Soranna (Direttore), oltre al Presidente dell'Aci Angelo Sticchi Damiani, e al presidente della Consulta generale per l'autotrasporto e la logistica, On. Bartolomeo Giachino.
Moderato dalla giornalista Marina Terpolilli, presidente Uiga, il dibattito ha delineato i contorni di un settore da sempre utilizzato come un "cash dispenser", che oggi non può più essere ulteriormente spremuto e che necessita di interventi strutturali, per risollevarsi e tornare a contribuire alla crescita del Paese. Insomma è ancora una volta l'automobile il "soggetto attivo" che si propone a salvare il Paese. "Evitare di agire non giova ad alcuno - ha sottolineato Gianmarco Giorda, direttore dell'Anfia - anche soltanto considerando la forte flessione prevista per il gettito dell'Erario, cui l'automotive contribuiva nel 2010 per circa 68 miliardi di euro. Quanto poi alla produzione della nostra industria, in vent'anni l'Italia è precipitata dal 9° al 20° posto dei Paesi costruttori di veicoli, accelerando la flessione nell'ultimo lustro". E poi, la constatazione che ogni due vetture fabbricate in Germania una è venduta all'estero, mentre nel Belpaese per ogni automobile prodotta se ne immatricolano quasi quattro: ecco che l'affanno del comparto nazionale emerge ancor più drammaticamente.
"L'auto - ha sottolineato il direttore generale dell'Unrae Romano Valente - soccombe sotto il peso delle ultime due manovre fiscali, che totalizzano 8,7 miliardi di euro e che stanno creando enormi problemi al mercato. Con un effetto boomerang, se è vero che il 2012 farà mancare all'appello 2,3 miliardi di Iva e 100 milioni di Ipt, mentre dei 168 milioni previsti dal superbollo lo Stato ne incasserà meno di 138 per via delle massicce vendite all'estero delle vetture colpite". Superbollo che ha peraltro causato ai concessionari una perdita secca di quasi 1 miliardo, in media circa 4.300 euro per ogni vettura a stock. Inoltre, la pessima congiuntura porterà a un ulteriore calo dei dealer di oltre il 10%, a poco più di 3.200 unità, con una conseguente perdita di occupazione. Pari a quattro volte gli effetti della chiusura di Termini Imerese. Nei primi sei mesi del 2012 l'immatricolato ha registrato un calo di circa il 20% e la riprova di una domanda ormai quasi impermeabile viene "dalle difficoltà a piazzare - ha aggiunto Valente - persino le auto a km zero, il cui stock invenduto equivale a quasi 56mila unità, che sommate alle 4mila del 2010 e alle circa 46mila del 2011 sfiorano nel complesso quota 106mila".
"In un tale scenario le Case auto si sono di fatto sostituite allo Stato nello stimolare il settore e rilanciare gli acquisti - ribadisce Valente- moltiplicando offerte e promozioni". Ma questo non basta, se è vero che la domanda delle famiglie, come ha osservato Gianfranco Soranna, direttore di Federauto, "è letteralmente crollata. I privati rappresentavano oltre il 70% del mercato: ora la percentuale, con la crisi dei consumi, è scesa sotto i 60 punti. In pratica, il mercato dell'auto è tornato indietro di 20-25 anni; e se nell'ultima decade le immatricolazioni si sono attestate attorno ai 2 milioni di unità, alla fine del 2012 si prevede non supereranno quota 1,4 milioni, un calo senza precedenti". Dal 2007 a oggi, secondo le stime dell'Unrae, si sono persi 43 acquirenti di auto su 100.
"Ecco la necessità - ha sostenuto il presidente dell'Aci Angelo Sticchi Damiani - di fare fronte comune e cercare di contenere i danni. Fermare il rinnovo del parco circolante, che vede 14 milioni di veicoli con più di 10 anni, significa rinunciare ad auto più sicure e meno inquinanti", il contrario di ciò che si vorrebbe. Per uscire dalla crisi e tornare a crescere non esistono ricette magiche, ma sul tavolo del governo già c'è un ventaglio di proposte concrete.
"A cominciare da un'iniziativa praticabile a costo zero – ha affermato Bartolomeo Giachino - come la modifica al Codice della Strada per eliminare i limiti all'accesso alle aree urbane da parte dei mezzi commerciali, a condizione che si tratti di veicoli Euro5. Sarebbe un'operazione di immediata fattibilità oltre che di forte stimolo al mercato". "È comunque indispensabile rivedere l'abnorme pressione tributaria - gli ha fatto eco Soranna - iniziando con l'adeguare la fiscalità delle auto aziendali alla media europea". Una manovra premiante per i veicoli a basse emissioni, tale da non incidere sulle casse statali, è la proposta più immediata di Unrae, "nel quadro, però, di interventi organici e strutturali, non del tipo mordi e fuggi". Articolati insomma, e su un orizzonte pluriennale. Il tema della revisione fiscale è condiviso anche dall'Anfia, a patto di concentrare l'attenzione su pochi aspetti ben precisi, come auto aziendali e Ipt, che andrebbe abolita, come pure il superbollo.
"E poi - ha aggiunto Giorda - vanno considerate misure più a lungo termine di politica industriale. Prima fra tutte la riduzione dei costi dell'energia, che le imprese italiane pagano almeno il 20% in più delle aziende tedesche e francesi: difficile competere in queste condizioni. E, ancora, lo strumento del credito d'imposta per le attività di ricerca e sviluppo", almeno nella misura concessa nel 2011 e con la possibilità di rinnovarlo negli anni seguenti.
"Dalle manovre fiscali - ha concluso Sticchi Damiani - sono derivati solo effetti negativi. Contiamo sul fatto che non si tardi a riconoscere l'errore. E in ogni caso continueremo a farci sentire: dopo la mobilitazione contro il caro benzina, il prossimo obiettivo è l'eliminazione del superbollo".

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