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Detassare gli accessori di sicurezza: una buona idea irrealizzabile

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ANTICRISI

Detassare gli accessori di sicurezza: una buona idea irrealizzabile

  • –di Riccardo Celi

Durante la "due giorni" di Missione Auto, una serie di incontri e dibattiti sulla crisi che imperversa nel mondo dell'automotive tenutasi venerdì e sabato scorsi a Torino, non sono mancate le proposte per risolverla o comunque per aiutare il mercato a uscire dal tunnel. In una parte del "think tank" che si è tenuto il mattino di sabato al Circolo dei Lettori ha preso la parola Loris Casadei, presidente di Unrae, il quale ha lanciato una proposta dagli effetti forse non molto significativi sui conti dell'auto, ma comunque concreta. Casadei ha suggerito la detassazione degli accessori delle auto che hanno un rilevante impatto sulla sicurezza di automobilisti e altri utenti della strada. Per esempio, airbag supplementari, fari adattivi, dispositivi di assistenza alla frenata e di ausilio alla guida e così via. L'obiettivo di una simile iniziativa, una volta messa in pratica, potrebbe essere duplice: abbassare per l'acquirente finale il costo finale di una vettura "sicura" e consentire una progressiva diminuzione delle spese sanitarie e dei costi sociali che gravano sulla colletività per le centinaia di migliaia di lesioni e decessi imputabili agli incidenti stradali. In più, secondo Casadei, che Il Sole24 Ore ha interpellato a margine del "think tank" per ottenere qualche precisazione sulla sua idea, l'iniziativa potrebbe essere a costo zero per l'erario il quale, a fronte di un sacrificio economico in termini di imposte non incassate su tali accessori, otterrebbe comunque un introito aggiuntivo dalla vendita di un maggior numero di dispositivi che oggi non vengono acquistati dai consumatori a causa del loro prezzo elevato. Insomma, a prima vista l'idea del dirigente Unrae sembrerebbe il classico uovo di colombo che offre vantaggi per tutti e svantaggi per nessuno. Ma è davvero così? Non esattamente. Intanto, ci sarebbe da mettere in conto una certa farraginosità degli aspetti contabili attraverso i quali distinguere gli accessori incentivati da quelli che non lo sono, per esempio l'onnipresente vernice metallizzata o i cerchi di lega. In secondo luogo, è dubbio che una misura del genere, anche se indubbiamente utile nel suo complesso, possa servire a far vendere più auto: semmai, renderebbe più allettanti certi accessori ai (pochi) consumatori che la decisione d'acquisto bene o male l'hanno già maturata. Infine, si tratta di un'idea che avrebbe certo effetti positivi sull'ammontare dei costi sociali degli incidenti stradali, ma solo a lungo o lunghissimo termine, cioè quando la presenza sulle auto degli accessori legati alla sicurezza divenisse davvero significativa, cioè tra qualche anno. Insomma, è la classica buona idea adatta ai Paesi abituati a mettere in cantiere con largo anticipo iniziative i cui effetti si faranno sentire solo negli anni a venire. Cioè, un'iniziativa non adatta all'Italia, o almeno all'Italia che conosciamo ora, dove il legislatore è già in affanno nel far quadrare i conti dell'oggi o al massimo del domani, e non ha tempo, né risorse, né fantasia per immaginare e costruire un futuro più lontano. In altre parole, la buona d'idea di Loris Casadei difficilmente troverebbe oggi dei sostenitori a Roma.

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