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Gli uomini e le macchine

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SCENARI

Gli uomini e le macchine

  • –di Mario Cianflone

Uomini e macchine ai tempi della crisi, anzi ai tempi della «demotorizzazione» perché i cali delle immatricolazioni di questi mesi non sono tali da spingere indietro le lancette del tempo e riportare il mercato delle automobili a 50 anni fa. E dietro la tragedia di stabilimenti che chiudono (da Termini Imerese in Italia a Aulnay in Francia) e concessionari che tirano giù la claire ci sono uomini, donne e le loro famiglie. Difendere e sostenere l'auto e la sua industria vuol dire anche questo: salvaguardare posti di lavoro, che in un'ottica fordista, possono a loro volta alimentare le vendite di auto e far funzionare il sistema. Avere un posto di lavoro, reddito disponibile e vivere in un clima di maggiore fiducia sono prerequisiti fondamentali per comprare e dunque sostenere le vendite di autovetture (così come di ogni altro bene di consumo). Ma non solo, difendere l'automobile vuol dire anche non soffocare con tasse balzelli il settore delle vetture di lusso e delle sportive e visto che ci siamo, magari non massacrare (in Italia) le flotte aziendali abbattendo la deducibilità. Meno auto vendute si traducono, inoltre, in gettiti fiscali inferiori: a fine anno Unrae stima che si saranno bruciati 3,5 miliardi tra Iva e altre imposte.
E tutto questo in un momento in cui si assiste a una (per lo più ideologica) battaglia anti-auto da parte di alcune amministrazioni locali, e la stessa macchina non è più al centro dei desideri con i consumi che si spostano verso altri prodotti/servizi (quattro smartphone in famiglia e relative ricariche si "mangiano" un bel po' di soldi).
E cosi, lo si è visto bene sotto i riflettori dell'appena concluso salone di Parigi, ci sono, da una parte, costruttori che fanno fuoco con tutti i cannoni (anche perché hanno le risorse per farlo) nella speranza di conquistare (in Europa) clienti dalla tasche sempre più vuote con modelli inediti, e, dall'altra, case che vanno con i piedi piombo anche perché non hanno la copertura planetaria che altri hanno (come per esempio Volkswagen fra tutti). Chi ha ragione? Chi vincerà? Difficile dirlo, di sicuro avranno successo quelle case che costruiscono con l'idea di fare auto per davvero, con un'anima e una storia dietro, di realizzare prodotti eccellenti grazie al talento di chi li disegna e li progetta. E il talento è una vera arma competitiva, perchè l'auto è soprattutto il frutto dell'ingegno umano, oggi come in passato. Un ingegno che in moltissimi – eccellenti – casi è italiano: dalla Citroën Ds di Flaminio Bertoni, alla Fiat Panda e alla prima Golf disegnate da Giorgetto Giugiaro, due vetture-simbolo che hanno cambiato irreversibilmente l'industria dell'automobile. Nel caso della Vw Golf, è simboleggiato come e quanto il talento italiano e la tecnologia del nostro Paese (la vettura, è noto, era ispirata alla Fiat 128) furono in grado di salvare una Volkswagen che a metà degli anni Settanta era in crisi di idee e modelli prossima al fallimento, mentre adesso è, invece, il leader mondiale, con una supremazia tecnologia e culturale dove il talento italiano non è, però, affatto estraneo, visto che a fare la differenza ci sono sia il nostro Giugiaro sia Walter de Silvia, il grande designer di Lecco che guida il centro stile del gruppo tedesco. E allora c'è ancora speranza per l'automobile "italiana".

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