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Mini Challenge: la pioggia cambia le traiettorie ma non il divertimento

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GUIDARE & PILOTARE

Mini Challenge: la pioggia cambia le traiettorie ma non il divertimento

  • –di Maurizio Caprino

Piove, mannaggia! Non avevo mai guidato una trazione anteriore da corsa e solo questo mi aveva portato a Misano, a non farmi sfuggire l'inaspettata occasione creata dal calendario della scuola GuidarePilotare un mese fa: 20 giri (ma se ne possono prenotare anche 5, 10 o 15, per risparmiare) con la Mini che da questo mese sarà in pista nel campionato monomarca Mini Challenge: una John Cooper Works (la versione più potente della gamma stradale, con 211 cavalli spremuti dal suo 1.6 turbo tarato con un po' di tuning), il mitico differenziale autobloccante (quello vero, mica la solita elettronica che frena la ruota che si mette a pattinare) e assetto da corsa (ecco i dettagli dell'equipaggiamento rispetto alla John Cooper Works da strada http://www.mini.it/challenge/regolamento/_attachs/kit_racing_MINI_CHALLENGE_2013.pdf). Speravo di capire se a questi livelli in pista il sottosterzo e le reazioni sul volante fossero davvero così tremendi da far rimpiangere la trazione posteriore. Così ci sarebbe voluto l'asciutto, per sperimentare i limiti della macchina e fare confronti col ricordo dei 420 cavalli "posteriori" della Bmw M3 che avevo avuto sotto il piede un paio di anni fa a Misano.

E invece ha iniziato a piovere giusto un quarto d'ora prima di scendere in pista. Però il divertimento è venuto lo stesso: se l'esperienza della trazione anteriore con gomme slick è rimandata, ora ho all'attivo un'inaspettata pratica con le rain. Che si porta appresso quella - fondamentale - sulla scelta delle traiettorie sul bagnato: la pista che conosci non è più la stessa.

L'aria da corsa la respiri subito: nel box accanto ci sono i "soliti" corsi di guida sportiva di GuidarePilotare, mentre per me e i due compagni d'avventura (due fratelli ventenni) c'erano casco, tuta e guanti in un box separato. In teoria, abbastanza per emozionarsi o sentirsi eroi come i piloti che idolatravi da ragazzino. Tanto più che c'è un ex-pilota di Formula Uno a saltabeccare tra una macchina e l'altra per controllare con la sua solita precisione se è tutto a posto: è Siegfried Stohr, boss della GuidarePilotare, che ha fondato 31 anni fa.

In pratica, però, il pensiero devia presto verso la concentrazione necessaria per non fare figuracce: non parliamo ancora di come lanciarsi a 200 all'ora sotto il diluvio, ma del banalissimo ingresso nell'abitacolo, infilandosi tra le barre della gabbia di protezione e i fianchi prominenti del sedile da corsa. Tutte cose che riducono il già poco spazio per far entrare nell'abitacolo prima le gambe, poi il busto e infine la testa (ingrossata dal casco!).

Poi torni un po' eroe, mentre il meccanico ti regola il sedile e ti allaccia le cinture a sei punti d'attacco. Ma dura meno di due minuti, il tempo che lui finisca queste operazioni che fa a memoria e che tu realizzi che ormai sei tutt'uno con l'auto ma ci vedi pochissimo di lato e dietro. Colpa sempre dei sedili, con sporgenze laterali anche su gli appoggiatesta, e del roll bar. Insomma, la protezione dagli urti si paga in visibilità, tanto più che a destra devi fare i conti anche con il casco dell'istruttore. Non uno qualunque, ma uno di lungo corso come Luca Rangoni .

Luca ha un approccio ruvido. Lo scopro pochi minuti dopo, quando inizio a sbagliare traiettorie e ad arrivare lungo. È il mio vizio: non guido spesso in pista e pesto subito di brutto ancora prima di riprendere i punti di riferimento e scoprire com'è oggi l'asfalto. Così Luca urla, non solo perché i nostri caschi non hanno interfono. Fa bene così: finiti questi primi sei giri di ambientamento, mi lascia una traccia su cui riflettere in attesa dei 14 giri "buoni" (l'equivalente di una gara del Mini Challenge).

Al rientro in pista, infatti, è tutta un'altra musica: lo sguardo corre di più verso la curva successiva, preparando la traiettoria giusta di una curva - che nasce sempre dalla curva precedente - senza vagare con gli occhi per tutti i 12 metri e più di larghezza dell'asfalto (un'enormità per un guidatore da strada: equivalgono quasi a una carreggiata autostradale a tre corsie, senza le strisce che danno una sensazione di "più stretto" del reale). Ma la traiettoria non è quella solita, che taglia le curve alla ricerca del punto di corda: nel frattempo si è messo a diluviare e su quasi tutto il tracciato l'asfalto all'interno delle curve è più lucido, quindi più bagnato. In queste condizioni, diventa più vantaggioso cercare lo stretto sentiero in cui c'è meno acqua e quindi si rischia di meno il pattinamento.

Già, il pattinamento, che viene col sottosterzo di potenza tipico della trazione anteriore. Se lo conosci, lo eviti: te lo senti tutto sul volante e questo ti mette subito in condizione di capire che devi mollare il gas, ma istintivamente cerchi di non provocarlo proprio perché è brutto vedere le ruote anteriori che puntano dritto all'esterno della curva. Capisci solo che stai perdendo velocità e, rispetto al sovrasterzo di potenza, non hai nemmeno il gusto di poterlo correggere (fino a un certo punto, però!) con un controsterzo e un rilascio immediato del gas: qui devi solo sollevare il piede dall'acceleratore e aspettare con pazienza che lo sterzo ti ridia la sensazione di aver ripreso il controllo delle ruote (lo fa quando queste ultime riprendono aderenza). Frustrante, no? Non che la traiettoria più esterna sull'asfalto meno zuppo sia meglio: abituato a cercare la corda sacrificando la velocità d'ingresso per riaccelerare prima, ti sembra di girare inutilmente largo e ti aspettare un'eternità prima di poter ridare gas (lo sterzo è più girato del solito, devi pur sempre attendere prima di iniziare a raddrizzarlo e solo a quel punto puoi dedicare all'accelerazione quell'aderenza che sino a quel momento avevi dovuto impiegare tutta nella sterzata).

Ma la trazione anteriore della Mini da corsa è anche capace di dare una sensazione forte e piacevole: capita alla curva 3 (Variante del Parco, vedete la piantina del circuito nel Pdf allegato), che già normalmente emoziona il neofita perché richiede l'atto di fede di spalancare il gas (come ti intima l'istruttore) nonostante davanti a te ci sia tutt'altro che un rettilineo. Poi ti rendi conto che, se esci abbastanza stretto dalla curva 2 (quindi non allargandoti a destra verso il cordolo esterno, ma rinunciando a buona parte dell'accelerazione in uscita) ce la fai. Riesci infatti a iniziare da sinistra, cosa che pochi metri dopo ti consente di buttarti a destra facendo il pelo al punto di corda dove la curva 3 è più chiusa. In questo modo, sfrutti tutta la larghezza della pista in modo da fare la traiettoria più dritta possibile. Lo puoi fare, perché l'interno della curva 3 non è scivoloso come quello delle altre. Quindi, giù tutto l'acceleratore e pronto a piccoli movimenti dello sterzo per assecondare la traiettoria. Il massimo della soddisfazione viene proprio qui, a muovere lo sterzo così nonostante gli strattoni brevi e secchi che tira sull'avantreno il differenziale autobloccante, impegnato a evitare che la ruota anteriore che pattina prenda ancora più coppia facendo fermare quella che ha ancora aderenza.

Ottimo, se riesci a ignorare i segnali che quegli strattoni ti mandano per impaurirti. Qui vedi anche quanto è vario il pilotaggio: in altre circostanze, tenere l'acceleratore giù e lo sterzo sulla traiettoria impostata prima come fai ora alla curva 3 è un erroraccio che può farti volare fuori pista e mettere a nudo la tua insensibilità e la tua lentezza. A me è successo alla seconda di Lesmo a Monza e nella variante Senna, al Tamburello di Imola. Qui alla 3 di Misano diventa improvvisamente un merito.

Mai lasciarsi prendere, però. Nemmeno a Misano, perché dopo la 3 c'è la 4 che è di raggio piuttosto stretto e devi accorgertene per tempo. Altrimenti il frenatone per passare da 140 km/h a 50 (vado a spanne) lo cominci tardi e arrivi lungo. A me è successo per due giri: ti aggrappi all'Abs (l'unico controllo elettronico che la Mini Challenge ha attivo) e ti accorgi che le pinze freno non riescono a mordere con l'efficacia che vorresti, perché la ruota sul bagnato tende a scivolare.

Poi due curve lente dove devi solo stare attento a non farti prendere troppo dall'acceleratore in uscita. Tanto dopo la 6 c'è tutto un rettilineo per spalancare il gas scaricando anche tutta la quinta, fin quasi ai 170 km/h. Magari con un aspirato a questa velocità si resta in quarta per prendere i giri, ma Luca ricorda che qui abbiamo un turbo (twin scroll), che ha una bella coppia in basso ed è inutile tirare oltre i 6mila giri.

Arriviamo così a un altro punto difficile: il tornantone della Quercia (curva 8). Anche qui di solito l'occhio del guidatore "di strada" si perde tra i 12 metri di larghezza della pista e un raggio di curvatura che non è costante. Percorrendo la Quercia sulla traiettoria esterna, sembra che non finisca mai. Ma a un certo punto vedi il rettilineo successivo e scopri che sei sempre un po' troppo al centro, quindi avresti ancora spazio a destra che ti consentirebbe di accelerare a fondo. E lo fai, ma ormai è un pelino tardi per farti portare dall'accelerazione fino al cordolo destro: il rettilineo è iniziato e puoi schiacciare tutto perché sei ormai a ruote dritte.

Qui in effetti puoi lasciarti andare, mentre attorno a te con questa pioggia le strapotenti e pesanti Bmw M5 ed M6 (560 CV, per un paio di tonnellate), con i controlli elettronici di trazione e stabilità disinseriti e le gomme sportive ma non da corsa, tendono a pattinare anche sul dritto. Anche la loro trazione posteriore ha la sua parte nel causare la scodata: è tanto bella nel lasciare lo sterzo esente da reazioni quando infida in condizioni-limite di bagnato come queste. Motivo in più per tenere i controlli ben attivati quando si va su strada: fanno cambiare la sicurezza da così a così.

Dopo il breve rettilineo sembra arrivare una curva, la 9. Ma è solo una finta: si gira sul serio poco più in là, al tornante del Tramonto (10). Così la 9 va affrontata praticamente a ruote dritte, cercando il punto in cui frenare per inserirsi nel Tramonto. Inizialmente sembra innaturale, ma è l'unico modo per andare più veloce e poi scoprire che l'aderenza viene sfruttata molto meno, quindi tenendosi una bella riserva. Dunque, c'è anche più margine di sicurezza e per questo bisognerebbe abituarsi a riconoscere situazioni del genere anche su strada: magari passeggeri e gli altri guidatori storceranno il naso, non avendo gli stessi riferimenti visivi di un pilota smaliziato, però vale la pena (a saperlo fare).

Dopo il Tramonto, ecco la parte più veloce: un lungo rettilineo dove si spalanca tutto e si superano i 200, nonostante sia interrotto da due curvoni (11 e 12). Quando è asciutto, con le auto di GuidarePilotare a volte si fanno in pieno: basta fare il pelo al punto di corda, per raddrizzarli (mai prenderli seguendo un'ipotetica riga di mezzeria come si farebbe in autostrada, si vola fuori). Oggi sul bagnato il consiglio di Luca è alleggerire un filino il piede poco prima della 11 e tornare a premere (quasi a fondo) fino all'ingresso della 13. Che sembra tosta, ma in realtà è stretta solo in entrata e quindi riecco Luca che urla di accelerare appena finita la frenata per inserirvisi dentro e guadagnare la corda.

Appena il tempo di realizzare che sei a tutto gas ed è ora di frenare forte: c'è il tornante del Carro (14), il più stretto. Anche qui l'Abs si fa sentire, poi si gira larghi e poco prima di fine curva giù tutto il gas spostandosi a sinistra per prendere praticamente ancora in accelerazione la 15. Frenata, controllo dello sterzo ed ecco la 16, stando attenti a non anticiparla né ritardarla e a ridare gas senza fretta. Altrimenti si pattina e si pregiudica l'accelerazione sul rettilineo del traguardo. Qui bisogna notare che al centro l'acqua è pochissima e quindi non ci si sposta tutti a sinistra per impostare meglio la curva 1: meglio sfruttare il quasi-asciutto per frenare più violentemente. E prepararsi a un altro giro!

Il circuiti Marco Simoncelli di Misano

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