C'è un minimo comun denominatore delle molte storie d'impresa che Il Sole 24 Ore ha raccontato in questi anni ultimi cinque anni di profonda crisi: la resilienza dello zoccolo duro dell'industria d'eccellenza e la capacità di trovare nuova linfa per ripartire.
Il distretto della moto di Varese di cui scriviamo in questa pagina è un esempio paradigmatico. Le vicissitudini delle imprese, i passaggi di proprietà dei marchi, la girandola degli assetti proprietari non hanno spinto fuori dal mercato nè la famiglia Castiglioni cardine su cui ruotano le aziende del territorio, nè le imprese di fornitura che operano sul territorio.
La famiglia Castiglioni – dopo la conclusione dell'avventura di Cagiva – ha saputo reinventarsi e rivitalizzare un marchio dato dai più per estinto come quello glorioso di MV Agusta. Uno sforzo di fantasia, tenacia e lungimiranza infine premiato dal mercato con il ritorno all'utile da pochi pronosticato.
Le imprese di fornitura hanno saputo parare tutti i colpi con strategie mirate di diversificazione e cercando nuovi mercati di sbocco. Un meccanismo che, mutatis mutandis, è stato utilizzato anche dalle aziende della fornitura automobilistica che, con il progressivo ridimensionamento della produzione del gruppo Fiat e dei marchi italiani, hanno saputo negli anni diventare fornitori e partner dei big mondiali dell'automotive. È successo alle imprese piemontesi, del Vicentino e del Napoletano.
Basterà? È possibile avere un'industria solo d'eccellenza e di fornitura? Può un Paese manifatturiero come il nostro adeguarsi a un sistema senza pivot? Senza grande impresa?
La risposta è in quella formula magica da molti evocata, ma poco praticata: il ritorno alla crescita. Solo la crescita, un humus produttivo fertile, può invertire una tendenza declinista in cui il sistema Paese è finito. Gli imprenditori, le imprese del territorio, a partire da quelle di Varese, sono il baluardo che ha consentito al sistema di resistere. Da sole non possono bastare.
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