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Nuova Mini verso il debutto, la storia della piccola inglese

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Nuova Mini verso il debutto, la storia della piccola inglese

  • –di Corrado Canali

Mini è "made in England", ma è anche Cooper, e Rally e prestazioni per tutti, ma sopratutto è pure divertimento alla guida. Da tre generazioni e da oltre 50 anni, il nome Cooper si affianca a ciò che Mini è in grado di offrire quando si tratta di piacere di guida. E lo farà nella seconda generazione dell'era moderna che sarà svelata il 18 novembre il giorno della nascita del "papa" della Mini Alex Issigonis. Così come l'idea di una Mini Cooper è nata dalla mente geniale di John Cooper, progettista di Formula Uno, con l'obiettivo di incrementare le prestazioni della piccola e agile vettura per trasformarla in un veicolo sportivo su strada e su pista, senza che la vettura perdesse nulla del suo fascino. La chiave sta nel fondamentale principio di un uso creativo dello spazio, unito all'inimitabile "go-kart feeling" che fa da trait d'union per le tre generazioni della mitica auto di piccole dimensioni. La Mini classica fu ideata specificamente per affrontare tornanti e strade disseminate di curve a gomito, vocazione che ha mantenuto sino ad oggi, grazie a una potenza di 63 CV disponibili sulla Mini Cooper giunta, ormai, alla fine del suo ciclo produttivo. La Cooper classica fu costruita fino all'autunno del 2000, anno in cui la versione successiva era già pronta ai blocchi di partenza. Diversamente dalla Mini originale, il nuovo modello era disponibile in versione Cooper sin dall'inizio. Con 115 CV sotto il cofano, fece grande onore al suo nome. Sin dagli esordi, il propulsore e il telaio formarono un'armoniosa alleanza per offrire un imbattibile divertimento di guida. Come ha dimostrato John Cooper, non ci si stanca mai di migliorare. Ben 50 anni fa, fu lui a presentare la Mini Cooper S 70 CV. Oggi, l'ultima discendente della vettura mette a disposizione 184 CV. Come se non bastasse, il motore turbo che alimenta l'ultima Mini Cooper S stabilisce anche lo standard d'efficienza per la sua classe di potenza. Quando Alec Issigonis propose di sviluppare una nuova vettura di piccole dimensioni per la British Motor Corporation a metà degli anni Cinquanta, le sue priorità erano lo spazio e il prezzo. Infatti, con poco più di tre metri di lunghezza, la Mini classica offriva spazi sorprendentemente generosi per i passeggeri e il loro equipaggiamento. Issigonis optò per un'installazione anteriore trasversale del motore a quattro cilindri, sotto la quale si trovava il cambio, perpendicolare alle ruote. Il collocamento delle ruote agli angoli estremi della vettura e i piccoli sbalzi della Mini fecero il resto. La Mini era piccola esternamente ma spaziosa internamente, per non parlare della sua sorprendente leggerezza, circa 600 chilogrammi. I principi alla base del suo design continuano a essere un modello per le auto piccole e compatte dell'epoca contemporanea. Tuttavia, la scoperta del vasto talento sportivo racchiuso in quella minuscola scocca fu merito di un'altra figura chiave nella storia del marchio. John Cooper, amico e socio in affari di Issigonis e vincitore di due titoli mondiali per costruttori di Formula Uno, infatti, non tardò a individuare il potenziale dinamico della vettura con il lancio, nel 1961, della prima Mini Cooper. Negli anni settanta, la produzione della Cooper fu temporaneamente sospesa, ma il nome Mini Cooper era ormai diventato sinonimo di una vettura di piccole dimensioni, agile e sportiva.
Oltre all'intervento di John Cooper, la celebre vocazione sportiva era anche dovuta al geniale design del telaio della Mini classica. Issigonis introdusse un'assoluta innovazione con lo sterzo e le sospensioni della sua nuova creatura e così facendo pose le basi per il "go-kart feeling", fino ad oggi così apprezzato da tutti gli automobilisti. Giunti omocinetici erano in gradi di ridurre la coppia motrice, un contro-telaio a cui erano fissate le ruote posteriori, migliorava la stabilità direzionale e molle in gomma, così come piccoli ammortizzatori telescopici, garantivano una risposta precisa e un ritorno elastico progressivo. Il concentrato di idee presente in questa piccola vettura è a tutt'oggi sorprendente. Il risultato è che la famosa maneggevolezza della Mini classica spiega perché continua a garantire l'apprezzamento di così tanti fan così. Quando nel 2001 fu lanciato il modello erede dell'originale, divenne chiaro che sarebbe stato necessario realizzare un telaio innovativo a livello tecnologico che potesse ancora garantire il divertimento di guida. La Mini Cooper colse la sfida in grande stile, grazie alle sospensioni anteriori MacPherson, ai semiassi di uguale lunghezza, all'assale posteriore multi-link, unico nel settore delle auto di piccole dimensioni, freni a disco sulle quattro ruote e DSC cioè Dynamic Stability Control. La Mini Cooper S di ultima generazione dispone anche di servosterzo elettrico con funzione Servotronic, un sistema DSC che comprende il DTC che è il Dynamic Traction Control e una funzione di bloccaggio elettronico del differenziale dell'asse anteriore. Noto come differenziale autobloccante elettronico (EDLC), questo sistema dota la Mini di una caratteristica fondamentale per i tornanti difficili dei passi alpini, frenando in modo adeguato per migliorare l'uscita dalle curve e ottimizzando la risposta dello sterzo. Inoltre, premendo il pulsante di serie Sport Button della Mini Cooper S, si agevola la manovra di sterzo, generando un suono del motore particolarmente sportivo. Certamente, tutto questo era inimmaginabile 50 anni fa, ma John Cooper lo avrebbe approvato incondizionatamente

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