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Lotus Cortina, la berlina superleggera che faceva la voce grossa in pista e…

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Epoca

Lotus Cortina, la berlina superleggera che faceva la voce grossa in pista e sullo sterrato

  • –di Vittorio Falzoni Gallerani

Se, nella storia, c'è mai stata una Lotus berlina, questa è quella derivata dalla Ford Consul Cortina nel 1963; il motivo di quanto affermiamo è da ricercarsi nel pieno rispetto che questa macchina ha per la massima preferita di Colin Chapman: "To add lightness" (aggiungere leggerezza). Grazie alle parti mobili in alluminio si ottengono, infatti, 775 kg che erano molto pochi anche allora quando la diretta concorrente, l'Alfa Romeo Giulia TI Super (la cosiddetta "quadrifoglio"), sulla bilancia, ne denunciava 960.

Ci furono poi, come è noto, altre due berline con lo stemma della Casa di Cheshunt (poi Ethel) sulle fiancate ma non furono in grado di conservarne il DNA come ha fatto la Cortina: già la Talbot Sunbeam era molto meno smilza per non parlare della strepitosa Opel Omega diventata un auto lussuosissima (oltre che velocissima) con quel che ne consegue in termini di peso e complessità.
Quando nasce, la nostra protagonista si chiama 'Ford Cortina Sports Special (developed by Lotus)' o così, almeno, era pubblicizzata nel 1963 sulla elvetica Automobil Revue: una delle riviste del settore più autorevoli di sempre; mentre oggi, nei listini delle auto da collezione, è stata addirittura trasferita dalla Ford alla Lotus definendola Lotus Cortina 'tout court'.

Facciamo questa precisazione perché rispecchia fedelmente cosa è accaduto nella vita di questa macchina: da versione 'brillante' della Ford Consul Cortina a campionessa su piste e sterrati, un ruolo che molto meglio si attaglia alle sue eccezionali caratteristiche.
Il motore che la equipaggia, per cominciare, è lo stesso della Lotus Elan: il primo costruito direttamente dalla Lotus per non essere più costretta a ricorrere ai costosissimi 'Coventry Climax'; derivato dal monoblocco Ford 116E da 1,5 litri, rialesato per portare la cilindrata vicino a 1.600 cc: limite di categoria nelle gare, con testata bialbero e due carburatori doppio corpo Weber da 40 mm, capace di 106 CV.
Anche il cambio, a quattro marce, è quello, a rapporti ravvicinati, della Lotus Elan e vengono modificate anche le sospensioni montando, al ponte rigido posteriore, molle elicoidali al posto delle balestre semiellittiche.

Omologata in Gruppo 2 a pochi mesi dal debutto si dimostra subito una rivale pericolosa per tutti: al primo traguardo si presenta dietro due Ford Galaxie 7.000 cc ma davanti alle Jaguar MK2 3.8.
Dopo di ciò divenne familiare l'immagine delle Cortina Lotus in uscita di curva, spesso davanti a tutti, con la ruota anteriore interna sollevata da terra, al suo volante c'erano spesso campioni del calibro di Jim Clark, Graham Hill, Jackie Stewart mentre il suo più assiduo interprete fu Sir John Whitmore con il suo esemplare rosso a bande oro (normalmente sono bianche con bande verdi).
Meno eclatanti le prestazioni nei rally a causa di un'affidabilità non ottimale in condizioni così severe: risultati più che dignitosi ma niente a che vedere con le prestazioni della Escort Twin Cam: la sua discendente.

Dopo un moderato 'face lifting' nel 1964 e l'adozione di un più morbido cambio Ford nel 1965, la Lotus Cortina, stradale e da corsa, diventa MK II nel 1967 ed è, totalmente, un'altra macchina: più voluminosa e meno leggera viene costruita non più dalla Lotus ma in casa della Ford, a Dagenham, accanto alla linea dedicata alla meno aggressiva Cortina GT.
Anche l'allestimento della carrozzeria diventa simile a quello della GT: la gamma colori si amplia, le bande laterali, pur oggi onnipresenti, diventano un optional e le differenze si concentrano nella calandra, che diventa nera, nelle ruote a canale allargato e negli stemmi Lotus sui parafanghi posteriori ed accanto alla targa. Internamente una bellissima batteria di strumenti secondari a centro plancia, condivisa con la GT, sottolinea il carattere sportivo della vettura; mantenuto invariato grazie a tre provvidenziali cavalli aggiuntivi sviluppati dal motore che riescono a compensare l'aggravio di peso della nuova scocca.

Forse, tutto sommato, la MK II, rimasta in produzione fino al 1970, è addirittura una macchina più valida della MK I ma il fascino, quello no: rimane prerogativa della seconda come anche i risultati sportivi, nemmeno lontanamente paragonabili; e le valutazioni rispecchiano fedelmente tale stato di cose: 45.000 Euro per la MK I; 22.000 per la MK II.
Ancora due ottimi acquisti ma, mai come in questo caso: occhio ai falsi!

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