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Auto in crisi, ecco perché le vendite si sono dimezzate

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ANALISI

Auto in crisi, ecco perché le vendite si sono dimezzate

L'automobile attraversa una crisi strutturale ma per comprende la situazione del mercato italiano occorre innanzitutto spiegare perché, a fronte di un calo sui livelli ante-crisi del 9,1% per il prodotto interno lordo e del 25,3% per la produzione industriale, le immatricolazioni di auto hanno subito una caduta del 48,1%. Le ragioni sono molte, ma ce n'è una importante che non viene mai dichiarata. Con tutte le campagne di rottamazione che si sono fatte dal 1997 al 2009 (con coda nel primo trimestre 2010) e con la grande spinta alla sostituzione delle auto alimentate con benzina con piombo dell'inizio del secolo, il parco circolante italiano è oggi abbastanza giovane e in tempi difficili, come quelli che stiamo vivendo, rimandare la sostituzione dell'auto a tempi migliori comporta dunque un sacrificio facilmente sopportabile. Basti pensare che sul parco circolante totale le auto immatricolate dal 2000 in poi sono il 71% e quelle immatricolate dal 2005 in poi sono il 44%.

A ciò si aggiunge che a partire dalla seconda metà del 2011, cioè da quando il mercato dell'auto è effettivamente precipitato, si è determinata una forte preoccupazione per il futuro che ha indotto anche coloro che ancora disponevano delle risorse necessarie per acquistare nuove automobili a rimandare la decisione a tempi migliori.
D'altra parte va anche segnalato che ben pochi hanno rinunciato all'automobile. Si è parlato di demotorizzazione, ma da quando si sono avute le prime avvisaglie del fenomeno a tutto ottobre 2013, il parco circolante è calato di 135.000 unità: un'inezia pari allo 0,36% delle vetture circolanti che sono più di 37 milioni.

E' del tutto evidente che la causa di fondo della crisi del mercato dell'auto è da ricercarsi nel quadro economico ed è dunque altrettanto evidente perché la mancata ripresa della domanda di autovetture che alcuni avevano previsto, sia pure con grande cautela, nel 2013 non si è ancora determinata. Le ragioni sono le stesse che abbiamo indicato più sopra parlando dello slittamento a fine anno delle attese di inversione di tendenza per l'economia. In effetti il mercato dell'auto ha fatto registrare nel corso del 2013 un forte rallentamento del tasso di caduta della domanda. A partire da agosto si è così cominciato a pensare che dal consuntivo mensile delle immatricolazioni avrebbe 6 potuto arrivare il primo segno più. Ma ad agosto vi è stato un calo e a tutt'oggi segnali positivi non se ne sono ancora visti e non è detto che arrivino entro la fine dell'anno.

Non solo la crisi economica ma anche fattori di freno specifici
Abbiamo accennato che il disporre di un parco non eccessivamente vecchio e il fatto che la sostituzione dell'automobile può essere facilmente rimandata sono elementi che hanno consentito una contrazione delle immatricolazioni ben superiore a quella del resto dell'economia reale. Questa però non è la sola causa che ha fatto sì che il calo del mercato dell'auto andasse ben al di là dell'effetto della crisi economica. Vi sono anche fattori di freno specifici che abbiamo sistematicamente segnalato nelle nostre analisi mensili sul mercato dell'auto, ma che conviene richiamare in questa sede. Un primo fattore importante è l'eccessivo carico fiscale sulla motorizzazione. Siamo veramente al top nella graduatoria mondiale della persecuzione fiscale sull'automobile. Basti citare il caso dell'auto aziendale e quello dei carburanti.

Tra l'altro su quest'ultimo aspetto il Governo ha fatto un autogol clamoroso. Per effetto dell'eccesso di tassazione in una situazione di crisi difficile come quella attuale nei primi dieci mesi del 2013 il gettito di benzina e gasolio per autotrazione è calato di 960 milioni e a fine anno il calo supererà ampiamente il miliardo. Ciò nonostante la benzina italiana continua a costare 25,7 centesimi più della media europea e di questi 23,1 centesimi sono di maggiori tasse. Idem per il gasolio. Il maggior costo sulla media europea è di 25,1 centesimi costituito per 23,8 centesimi da imposte. Altro fattore di freno che da tempo immemorabile penalizza l'automobile, ma che diventa particolarmente pesante nei momenti di difficoltà, è il costo dei premi di assicurazione. Anche su questo terreno deteniamo il record mondiale.

Il Governo Monti con il Decreto semplificazioni del gennaio 2012 aveva fatto mostra di voler affrontare il problema, ma risultati non ve ne sono stati. Anzi, secondo l'Istat, nel 2012 i premi per le assicurazioni sui mezzi di trasporto sono aumentati del 3,5%. Anche le difficoltà del credito, che tanto hanno pesato e pesano sull'economia italiana, sono poi un fattore di freno importante per il mercato dell'auto che, giova ricordarlo, in tempi normali vede il 70% delle autovetture acquistate con finanziamenti. Il complesso di questi fattori, uniti alla difficilissima situazione economica, hanno costituito un cocktail micidiale che ha portato la domanda di auto su livelli che non si vedevano dalla fine degli anni '70. Ma vi è anche un altro fenomeno che ha fortemente penalizzato e sta ancora penalizzando il mercato italiano dell'auto.

Ed è quello che abbiamo chiamato demonizzazione dell'automobile e su cui abbiamo portato 7 innumerevoli esempi nella tavola rotonda tenutasi a Roma l'8 ottobre scorso con la partecipazione dei "numeri uno" di molte importanti case automobilistiche. Non intendiamo ripeterci in questa sede, ma chi volesse maggiori informazioni può consultare il testo allegato a questo intervento. In sintesi, con il pretesto della sensibilità ambientale e all'insegna del politicamente corretto si fanno affermazioni false che tendono a dimostrare che, in chiara controtendenza con quello che succede in tutto il resto del mondo, in Italia l'automobile si avvia al tramonto perché è un prodotto obsoleto, perché tende ad essere sostituita dalla bicicletta, perché i giovani preferiscono i tablet, perché il futuro sarà del car sharing e per una serie di altrettanti risibili motivi. Il tutto dimenticando che l'automobile mantiene il suo ruolo nelle economie avanzate e si sviluppa in aree sempre più grandi per la semplice ragione che all'automobile non vi sono alternative per soddisfare la quota più rilevante delle esigenze di mobilità. E questo è tanto più vero in Italia dove, secondo Legambiente, fatta 100 la media UE, la dotazione di metropolitane è pari a 39,6, quella di treni pendolari è pari a 45,8 e quella di treni ad alta velocità a 61,2.

Le colpe del Governo
Tutto questo naturalmente si inserisce in un contesto italiano in cui il peso economico e politico del settore dell'auto è andato ridimensionandosi con la perdita per il nostro Paese del rango di grande produttore di auto. Ma l'Italia resta sempre un grande mercato e il Governo non può considerarlo semplicemente come un limone da spremere, ma ha l'obbligo di sostenerlo quantomeno come gli altri settori dell'economia. Pensare sempre ad aumentare le accise sui carburanti quando vi è da reperire risorse può far contenti alcuni, ma come l'esperienza ha già dimostrato, è controproducente sia per il fisco che per l'economia.

Le previsioni per il 2014
Tornando ai numeri sul mercato italiano, non vogliamo sottrarci all'impegno che in queste conferenze abbiamo sempre mantenuto di formulare una previsione per l'anno che viene. Sulla base delle considerazioni che abbiamo svolto riteniamo che per l'economia nel 2014 possa esservi l'inversione di tendenza. Il Governo stima una crescita dello 0,7%. Questa previsione rischia di essere ottimistica se non cambia la situazione politica che ha fin qui impedito di avere una maggioranza che consenta di adottare una politica per la crescita. Lo scenario più probabile, a nostro avviso, è quello della stagnazione. A patto che naturalmente ai timori di deflazione non segua 8 una deflazione vera e propria perché in questo caso la prospettiva è di un ulteriore caduta. Per quanto riguarda il mercato dell'auto, nell'ipotesi in cui il 2014 per l'economia sia effettivamente l'anno della svolta e si abbia una crescita dello zero virgola qualche cosa, le immatricolazioni potrebbero collocarsi intorno a 1.330.000 unità.

E dunque con un piccolo incremento sul 2013 che con ogni probabilità chiuderà a quota 1.295.000. Per fare di più occorrerebbe che il Governo intervenisse per rimuovere alcuni dei fattori di freno specifici di cui abbiamo detto. Non ci pare però che esistano le condizioni per essere ottimisti.
Quando usciremo dalla crisi Per concludere, vi è una domanda di cui tutti vorremmo conoscere la risposta: quando usciremo dalla crisi? L'Italia e il mondo sono usciti dalla crisi del 1873 e da quella del 1929. Per uscire dalla crisi attuale per il nostro Paese vi è oggi una condizione di fondo: rinegoziare i trattati della zona euro che stanno determinando per l'Italia e per gli altri Paesi mediterranei difficoltà insormontabili. Il declino per l'Italia è già cominciato. Se non lo si fermerà in tempi brevi il fenomeno diventerà inarrestabile.

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