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Trent'anni di Ferrari 308, la vera erede della Dino 246

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ANNIVERSARI

Trent'anni di Ferrari 308, la vera erede della Dino 246

  • –di Vittorio Falzoni Gallerani

Assicuriamo subito che non parleremo di Magnum P.I.; e non solamente perché lo fanno tutti e ormai non se ne può più ma, più concretamente, perché stiamo parlando di una macchina che non ha mai avuto bisogno di alcun tipo di promozione, men che mai cinematografica, per diventare il punto di riferimento di quel segmento che gli anglosassoni definiscono delle 'junior supercar'.
Solo la Porsche scelse un'altra strada fatta di prestazioni simili ma maggiore versatilità; Maserati, Lamborghini, Lotus e, in seguito, Honda si misurarono essenzialmente con lei.
La Ferrari 308 debutta al Salone di Parigi con una leggera carrozzeria in fibra di vetro con linee, opera di Leonardo Fioravanti, tali da fare innamorare immediatamente sia chi poteva permettersela che chi no; è in sostanza, dopo il mezzo flop della Dino GT4, la vera erede della Dino 246: un'altra macchina di bellezza immortale, e ne ricalca l'impostazione meccanica con motore centrale trasversale.
Che però suona del tutto un'altra musica: i cilindri passano da sei ad otto, la cilindrata sale da 2,4 e tre litri ed i cavalli a disposizione da 190 a 255: un motore con oltre ottanta CV/litro, quasi da corsa, che, grazie alla già citata leggerezza (1.090 kg.) della vettura, produce prestazioni di conseguenza: circa 250 km/h e poco più di sei secondi nello 0-100.

Il successo è immediato e lusinghiero e così le linee di produzione cominciano a lavorare a pieno ritmo costringendo ad attendere il Salone di Francoforte di settembre 1977 per vedere la già prevista versione 'Targa' con tettuccio asportabile denominata 308 GTS; quello che, invece, non era previsto fu che l'asportazione del tetto costringesse a ripiegare su di una tradizionale carrozzeria in acciaio con un aggravio di peso, che ben presto si estese anche alla berlinetta, di ben 150 kg con i prevedibili effetti sul quadro prestazionale.
La mortificazione della originaria grinta non era però ancora conclusa: nel 1980, sull'altare del contenimento delle emissioni, i quattro carburatori Weber vennero sostituti da un impianto di iniezione meccanica del carburante che fece crollare la potenza del V8 fino a 214 insufficienti CV.
Si pose rimedio al Salone di Parigi del 1982 adottando nuove testate a quattro valvole per cilindro, mediante le quali la potenza risale fino a 240 CV con, finalmente, una dolcezza di funzionamento ed una modestia di consumi che mai si erano visti in questa combinazione su di una Ferrari.
Ad ulteriore testimonianza di questa compiuta 'civilizzazione' del motore vi è da segnalare anche che, dal 1981, un normale impianto di lubrificazione con coppa dell'olio aveva preso il posto dell'originario carter secco.

Rimaneva comunque, latente, la necessità di ancora maggior forza, anche alla luce di quanto stava facendo la concorrenza, e così fu particolarmente benvenuto l'aumento di cilindrata intervenuto a settembre 1985 quando, al salone di Francoforte, appare la 328, sapientemente ristilizzata e sempre declinata nelle due versioni GTB a tetto chiuso e GTS a tetto apribile; fu quest'ultima ad avere il maggiore successo, tanto da totalizzare 6.068 esemplari venduti contro i 1.334 della sorella chiusa.
Attorno alla metà del 1988 fu offerto, a richiesta, il sistema ABS antibloccaggio dei freni: gli esemplari che ne sono dotati si distinguono a prima vista per i cerchi ruota bombati necessari a fare spazio ai componenti del sistema più vicini alle ruote.
Questa magnifica famiglia delle 308/328 durò quattordici anni e lasciò spazio all'erede, la Ferrari 348 Tb e Ts, solo nel 1989 dopo oltre ventimila esemplari costruiti.

Citiamo per dovere che, grazie ancora una volta alle assurdità fiscali italiane, accanto vi fu anche il ramo cadetto delle due litri: nel 1980 nascono le imbarazzanti (causa prestazioni inadeguate per una Ferrari) 208 GTB/GTS da 155 CV (!) poi, accortisi dello sfondone (trecento esemplari in tutto) a Maranello decisero di imbullonare almeno un turbocompressore al V8 due litri in modo tale da riconquistare dinamiche di marcia più consone al blasone; l'ultima versione perse addirittura il riferimento alla cilindrata chiamandosi Turbo Intercooler 'tout court' ed aveva prestazioni paragonabili a quelle della 328.
Ma non la piacevolezza di guida; ecco perché sono le 'aspirate' che noi consigliamo per l'acquisto (esclusa la due litri) anche se oggi non ci pare un buon momento per questa operazione: entrate in un vortice speculativo, le loro quotazioni sono schizzate improvvisamente verso l'alto; magari cresceranno ancora e rimangono, quindi, un buon investimento ma noi, premettendo che non abbiamo la sfera di cristallo, pensiamo di no.

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