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Alfa Romeo Giulia, la storia del mito italiano (che oggi rinasce)

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GRANDI AUTO

Alfa Romeo Giulia, la storia del mito italiano (che oggi rinasce)

Il 24 Giugno, proprio nel 105.esimo anniversario della fondazione dell'Anonima Lombarda Fabbrica Automobili (A.L.F.A.) sarà svelata la nuova Giulia (il nome è ancora non uffcialie) destinata a riportare il marchio Alfa Romeo nei piani alti delle classifiche mondiali, allora si scoprirà che oltre al nome sono tante le “vicende” che accomunano i due modelli: quello nuovo e quello mitico nato nel 1962. Eccone alcune: un progetto iniziale cambiato in corsa e ancora l'avvio di una nuova “era” per l'Alfa che coincese con la realizzazione dell'impianto produttivo di Arese e della pista di Balocco. Ma torniamo alla Giulia originale (1962-1977) che nasce alla fine degli anni '50 e dunque nel pieno del miracolo economico. Alfa Romeo decide di da il via al progetto di una nuova berlina media da affiancare, possibilmente migliorandola, alla Giulietta un'auto talmente bella da essere stata ribattezzata la “fidanzata d'Italia”.

Al progetto lavora lo stesso team che ha realizzato la 1900 prima e successivamente la stessa Giulietta. Una squadra con al vertice Orazio Satta Puliga, ingegnere, entrato al Portello nel 1938 e diventato Direttore Centrale nel 1959. A lui si affiancano altri uomini di pari valore, il geniale Giuseppe Busso, l'abile Ivo Colucci e gli altrettanto bravi Livio Nicolis e Giuseppe Scarnati. Punto di partenza, come detto, la Giulietta, con l'obiettivo, però, di perfezionare i componenti e di ammodernare la linea, in sintonia con le più recenti tendenze.

Ma nel frattempo ci si accorge che anche la concorrenza di allora aveva deciso di “copiare” molte delle soluzioni adottate dalla Giulietta, tanto che il management del Portello decide di accettare una sfida ancora più rischiosa, quella di un progetto destinato a garantire l'eccellenza da ogni punto di vista: strutturale, stilistico ed aerodinamico.

Ad essere confermato è solo il motore che era quello di punta della Giulietta, ma con cilindrata che passa da 1300 a 1600 cc oltre che riprogettato in tutte i suoi principali componenti per renderlo ancora più efficiente. Un progetto così ambizioso che richiedeva anche uno sforzo produttivi adeguato. Nasce così l'idea subito sponsorizzata dal nuovo presidente Alfa Romeo di allora, Giuseppe Luraghi, di realizzare un nuovo impianto con l'aggiunta anche di una pista prova. La “location” scelta è Arese ad una quindicina di km da Milano. L'impianto da 2,5 milioni di mq è pensato per produrre 150.000 auto all'anno, un numero enorme se si considera che nel periodo prebellico dalle line del Portello sono uscite poco più di 12.000 vetture e che nel decennio di produzione della 1900 si era arrivato a non più di 20.000 unità. E ancora che la Giulietta in quegli anni non aveva raggiunto neppure 100.000 unità. Altrettanto innovativo è il progetto della pista di collaudo. Con le strade sempre più trafficate il lavoro dei collaudatori era diventato sempre più difficile da effettuare. Si decise allora di costruire a 60 km da Milano, a Balocco in un'area di 190 ettari, circondata dalle risaie del vercellese, uno dei primi tracciati pensati per il collaudo delle vetture in Europa.

Una struttura utilissima per sperimentare le soluzioni meccaniche progettate dai tecnici per i modelli di serie, ma anche per quelli destinati alle gare, non a caso molte curve del circuito sono “repliche” di quelle delle più famose piste del mondo. Intanto il progetto della berlina a tre volumi va avanti. L'idea è di utilizzare una coda “troncata” che limitasse i vortici dietro la vettura. Il parabrezza è inclinato e ha angoli smussati, il frontale abbassato, ridotto e privo di ogni sporgenza, la fiancata modellata con scalfature che migliorano l'impatto con l'aria e convogliano i flussi d'aria dietro. Il risultato è un Cx di 0,34, il migliore mai ottenuto da una berlina in quegli anni, non a caso sarà sfruttato per promuovere il futuro modello.

Lo slogan, infatti, era “Giulia, l'ha disegnata il vento”. Per la prima volta nella storia dell'auto la tutela degli occupanti assume un ruolo di rilievo nella progettazione. Un obiettivo perseguito soprattutto con una struttura portante a resistenza differenziata, con anteriore a posteriore addetti ad assorbire l'energia cinetica di eventuali urti e l'abitacolo rinforzato per proteggere gli occupanti. Nella stessa finalità si inserisce la scatola del cambio dietro al motore contro la parete parafiamma, gli organi meccanici sono fissati con supporti che evitano di farli entrane nell'abitacolo e il piantone dello sterzo è pensato per scongiurare che il volante colpisca torace o testa del guidatore. A completare il “pacchetto” sicurezza sono l'imbottitura extra degli schienali anteriori, il parabrezza “eiettabile” e la totale assenza di pericolosi spigoli all'interno dell'abitacolo.

Lunga 414 cm, larga 156, alta 143 e con un passo di 251 cm, 13 in più della Giulietta, la nuova Alfa Giulia ha un abitacolo ampio e luminoso in grado di ospitare sei persone grazie alla “panchetta” a tre posti anteriore e un grande bagagliaio di 500 litri.
Apprezzati il design esterno con i doppi fari del frontale e quell'area di moderna sportività, nonché gli interni, la disposizione dei comandi e la chiarezza della strumentazione. Il motore è l'evoluzione del 4 cilindri con basamento e testata in alluminio e distribuzione a doppio albero a camme in testa della Giulietta, riveduto e aggiornato con novità di interesse, come il debutto delle valvole di scarico raffreddate al sodio che migliorano tenuta e durata.

L'alimentazione avviene tramite un carburatore a doppio corpo, mentre il collettore di scarico con configurazione 4-2-1 è di derivazione agonistica e garantisce una migliore riempimento delle camere di scoppio e una più rapita risposta ai bassi regimi. La cilindrata cresce dai 1.290 cc della Giulietta ai 1.570 cc, così come la potenza che passa da 50 a 92 cv. Un “surplus” che assicura prestazioni di rilievo: una velocità massima di 165 kmh, da 0 a 100 kmh in 13,7” e il chilometro da fermo in poco più di 35”. Il cambio è a cinque marce sincronizzate, una soluzione raffinata per l'epoca visto che prevedeva una quinta di potenza.
(C.Ca.)

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