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Winterkorn si scusa ma rischia il posto

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Winterkorn si scusa ma rischia il posto

  • –di Andrea Malan

Lo scandalo dei motori truccati per superare i test sulle emissioni potrebbe costare il posto a Martin Winterkorn. L'amministratore delegato della Volkswagen avrebbe dovuto ottenere proprio venerdì dal consiglio di sorveglianza la conferma del rinnovo del suo contratto - in scadenza a fine 2016 - per altri due anni. Ma il suo destino è ora in bilico, e verrà deciso domani in una riunione di emergenza del presidium del consiglio di sorveglianza. Paradossalmente, lo stesso consiglio di sorveglianza è tuttora guidato ad interim - dopo le dimissioni di Ferdinand Piech - da Berthold Huber; il successore designato, Hans Dieter Pötsch, attuale CFO del gruppo, dovrebbe essere cooptato ufficialmente a novembre nel consiglio.


Winterkorn si è scusato domenica sera in un comunicato che ammette di fatto le responsabilità dell'azienda. Nell'affare non è per ora accertata alcuna responsabilità, e tanto meno un coinvolgimento dei massimi dirigenti di Vw. Ma lo scandalo è troppo grosso per lasciare le cose come stanno: «La stupidaggine più costosa della storia della Volkswagen», l'ha definito il quotidiano «Die Welt». Winterkorn è inevitabilmente nel mirino anche come ingegnere noto per la sua mania della qualità e dei dettagli, che in ogni Salone dell'auto gira per gli stand della concorrenza con il regolo per misurare difetti (ma anche apprezzare innovazioni e pregi). «Winterkorn era responsabile dello sviluppo prodotti - sintetizza Ferdinand Dudenhoeffer, direttore del Center for Automotive Research all'università di Duisburg-Essen -. Ciò significa che o conosceva il problema o non sapeva cosa stava succedendo nei suoi uffici. Per qualsiasi politico ci sarebbero i presupposti per le dimissioni».

A proposito di politici, quelli tedeschi sono subito scesi in campo, preoccupati per le conseguenze sul maggior settore industriale del Paese. In prima fila Stephan Weil (SPD), presidente della Bassa Sassonia che siede nel consiglio Vw (e anche nel presidium) in rappresentanza del Land, detentore del 20% dei diritti di voto. «La manipolazione dei test è inaccettabile e ingiustificabile» ha detto. Secondo il ministero dell'Ambiente «i costruttori devono fornire informazioni affidabili per poter verificare eventuali manipolazioni dei test». Nel frattempo il procuratore di Braunschweig (competente per la sede Vw di Wolfsburg) ha aperto un fascicolo sull'affare, per accertare se esistano responsabilità penali anche in Germania.
La posizione di Winterkorn era già delicata prima che il caso esplodesse. Il numero uno di Vw è reduce da una dura battaglia, questa primavera, per difendersi dalle accuse del patriarca Ferdinand Piech (membro delle famiglie Porsche e Piech che controllano il gruppo); fra i problemi evidenziati all'epoca da Piech c'erano proprio le difficoltà sul mercato Usa, oltre che la scarsa redditività della marca Volkswagen; per risolvere quest'ultimo problema è stato nominato Herbert Diess (ex Bmw) togliendo una parte delle responsabilità a Winterkorn. Quanto alle ambizioni frustrate nel mercato Usa (le vendite sono calate del 2% nel 2014 contro il +6% del mercato), lo scandalo rischia di mettere la pietra tombale sull'obiettivo di arrivare a un milione di unità nel 2018 dalle 600mila del 2014.

Alle turbolenza interne si sono aggiunti segnali negativi dal punto di vista della congiuntura, a partire dalla frenata del mercato cinese da cui il gruppo Volkswagen (anche con Audi e Porsche) ottiene una quota consistente dei propri utili; nel mese di agosto le consegne del gruppo sono scese a livello mondiale del 5,4% dopo il -3,7% di luglio. Il gruppo macina ancora utili grazie alle performance di Audi e Porsche oltre che della Cina: nel primo semestre del 2015 ha segnato un +10% sia per ricavi che per utile operativo, salito a 6,8 miliardi di euro. Di fronte ai problemi più recenti e a quelli di lunga data molti analisti vedono ormai l'ipotesi di un ricambio al vertice - nonostante i successi di Winterkorn - come positiva.

Nello scontro con Piech, il manager era stato sostenuto sia dal Land della Bassa Sassonia sia dal potentissimo sindacato, che controlla metà del consiglio di sorveglianza; e Piech era stato costretto alle dimissioni tra la sorpresa generale. Ora Bernd Osterloh, capo del consiglio di fabbrica e anch'egli membro del presidium, difende per ora Winterkorn ma avverte che «Vw non può permettersi un simile danno di immagine».

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