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Brexit, i timori delle case automobilistiche

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INDUSTRIA AL BIVIO

Brexit, i timori delle case automobilistiche

Il primo ministro inglese David Cameron nella fabbrica Jaguar Land Rover di Solihull
Il primo ministro inglese David Cameron nella fabbrica Jaguar Land Rover di Solihull

Brexit, un grosso problema anche per l'industria dell'auto nel Regno Unito.
L'uscita del Paese dall'Unione Europea influenzerà anche il futuro delle Case automobilistiche attive in Gran Bretagna.

Si prospettano infatti conseguenze molto gravi sulla filiera automotive locale e in generale su tutto il mercato europeo delle quattro ruote. In Gran Bretagna, il settore auto vale circa 15 miliardi di sterline (dà lavoro a circa 800 mila persone per un totale produttivo 2015 di quasi 1,6 milioni di esemplari), generati da 15 costruttori, sei studi di design, tredici centri di ricerca e sviluppo, oltre cento aziende di componentistica, fino a sette Scuderie di F1 (ma per queste ultime i problemi sarebbero marginali).

Con la vittoria del “Leave”, il comparto auto britannico potrebbe andare incontro ad un drammatico isolamento con dazi doganali e costi extra su materie prime e logistica, oltre a determinare nel breve un forte aumento dei prezzi delle vetture destinate all'esportazione.

Negli ultimi anni, al n.10 di Downing Street hanno deciso di sostenere l'industria automobilistica locale agevolando gli investimenti da parte dei costruttori stranieri, soprattutto europei e giapponesi.

Oggi, sul territorio britannico operano attivamente con sedi produttive Honda, Nissan, Toyota, Ford, GM Europe e i Gruppi BMW (con MINI e Rolls-Royce) e Volkswagen (con Bentley). I timori di un'uscita dall'UE sono però stati espressi in particolare (oltre che da Ford e Nissan) da Jaguar Land Rover, molto attiva nel Paese anche dopo il passaggio sotto l'egida del Gruppo Tata. La Casa prevede che i profitti possano accusare una contrazione fino a 1,4 miliardi di euro per la fine della decade.

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