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anniversari

Fiat Dino spider, una splendida cinquantenne con il cuore V6 «firmato» Maranello

Pur se i primi cinquecento esemplari, necessari ad omologarne il motore per le gare di Formula 2, vennero pronti solamente per il Febbraio del 1967, la Fiat Dino fece la sua prima apparizione al Salone di Torino del 1966: più o meno cinquanta anni fa esatti. Oggi è sufficiente ammirarla nella sua magnificenza stilistica che sprigiona gioia di vivere, per capire che quelli erano bei tempi ed anche allora il suo debutto fu indubbiamente sfavillante grazie appunto all'opera della Pininfarina dove operavano stilisti immortali come Aldo Brovarone cui attribuiamo l'influenza maggiore su questo disegno; al proposito, secondo noi, basta osservare l'andamento dei parafanghi anteriori per individuare la parentela con la Ferrari Dino Berlinetta Speciale e con l'Alfa Romeo Giulia 1600 Sport: due prototipi da Salone esposti dalla Carrozzeria torinese al Salone nel 1965 e firmati sicuramente da lui.

Incidentalmente segnaliamo poi che, accanto ad essa, quasi come una valletta d'eccezione, attirava gli sguardi un'altra debuttante ed un altro capolavoro, questa volta di Ton Tjaarda: la Fiat 124 Spider della quale parleremo presto.
Tornando alla Dino è giusto rivolgere grande attenzione anche alla sua parte meccanica che è bella quasi quanto la carrozzeria soprattutto sotto al cofano anteriore dove lavora il V6 a 65°, di origine Ferrari, in alluminio con doppio albero a camme in testa per bancata ed alimentato da tre carburatori doppio corpo, che nobilita alquanto tutto l'insieme.

Per molto tempo si è tramandato che il nome Dino del motore e delle tante macchine, stradali e da corsa, che ha equipaggiato avesse origine dalla sua effettiva progettazione da parte dello sfortunato figlio primogenito del Drake, ma oggi studi più approfonditi pare che ne abbiano ridimensionato il ruolo a quello di ispiratore e supervisore del progetto. Poco conta all'atto pratico se non che la memoria di Dino Ferrari esce assolta dal disastro di questo motore che, nelle sue prime incarnazioni di 1,6 e 2 litri, ha sempre mostrato una inaffidabilità disarmante sia in strada che in corsa; a fronte di ottime prestazioni e sonorità entusiasmante, con una delle prime Dino, Ferrari o Fiat che fosse, era ed è facile rimanere a piedi.

Uno dei responsabili di questa situazione venne individuato nel suo monoblocco in lega leggera che infatti, nella successiva evoluzione del motore a 2,4 litri, fu rimpiazzato con uno in ghisa che si dimostrerà molto più robusto tanto da riscattare, montato sulla Lancia Stratos, tutti i ritiri collezionati dalle Ferrari 206 P nelle gare di durata; e dire che gli impegni delle Stratos, come è noto, non erano certamente meno gravosi.

Sulla seconda serie della Fiat Dino Spider, nata nel 1969, si approfitta anche per correggere un'altra inadeguatezza a carico delle sospensioni posteriori che vennero inizialmente concepite ad assale rigido con balestre semiellittiche; la loro fatica a contenere l'esuberanza dei 160 CV del due litri V6 ci pare un difetto molto meno grave di quelli ascritti al motore; tuttavia, con i 20 CV aggiuntivi sviluppati dal 2,4 ed il contemporaneo robusto aumento della coppia motrice, è facile immaginare che la situazione avrebbe potuto degenerare eccessivamente.
Ecco così che venne buono il retrotreno a ruote indipendenti progettato in Fiat per la 130: la debuttante ammiraglia; adeguato negli elementi elastici al minor peso della spider, esso rappresentò finalmente la soluzione corretta per questo piccolo purosangue che, nell'occasione, venne anche migliorato nelle finiture diventando un prodotto pienamente maturo e soddisfacente. Purtroppo anche in questo caso le colpe dei padri (nella fattispecie della madre) ricadono sui figli e così la Fiat Dino Spider 2,4 venne faticosamente venduta in soli 420 esemplari, contro i quasi 1.200 della 2.000, fino al 1972 quando fu tolta dal listino rimanendo, per di più, senza eredi.

Oggi queste auto sono piuttosto costose: non meno di 150.000,00 Euro per un'esemplare già pronto da sfoggiare; indubbiamente una cifra importante ma, chi se la può permettere, a nostro avviso, fa bene ad investirla. Con l'uso amatoriale oggi prevedibile, le cure amorose che gli appassionati riservano alle loro auto d'epoca, la enormemente migliorata qualità dei fluidi vitali per il motore e, infine, la possibilità di rivolgersi, per la manutenzione, a Specialisti veri invece che alle allora inadeguate officine autorizzate della Fiat, rende l'esperienza «Fiat Dino» praticamente priva di preoccupazioni, lasciando al proprietario la gioia di possedere, e di farsi ammirare. a bordo di una delle più belle spider del secondo dopoguerra.

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