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Citroën Dyane, compie 50 anni un’icona pop delle automobili

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ANNIVERSARI

Citroën Dyane, compie 50 anni un’icona pop delle automobili


Molti di noi l’hanno avuta, altri ci hanno solo viaggiato e ancora a lei sono legati ricordi di piccoli grandi viaggi mitici di un’epoca dove fare 300 km era una gran gita, l’areo lo prendeva solo il jet set e andare in spagna o al sud Italia rappresentava il Viaggio.

Cinquant'anni fa, era l'agosto del 1967 nasceva la Citroën Dyane. Nell'idea originaria avrebbe dovuto rimpiazzare la 2CV sul mercato dal lontano 1948, ma poi si affiancò alla popolare e diffusissima vetturetta per rispondere alle richieste di una parte consistente della clientela che desiderava una versione più pratica e moderna (nello stile) della senza per questo rinunciare alle doti di quest'ultima in fatto di facilità di guida, affidabilità, praticità, economia d'esercizio.

La Dyane, nata all’alba della rivoluzione del ’68, ha attraversato gli anni 70, magari accompagnata dalla musica (che usciva da raffazzonati stereo) dei Jethro Tull dei Pink Floyd o di Lucio Battisti, e negli anni 80 lei c’era ancora. ormai obsoleta e guardata come la sorella un po’ sfigatella della più modaiola 2CV, soprattutto quando questa apparve in edizione bicolore bordeaux e nero. Era comunque un’icona Pop e se la vedeva con la Renault 4 quanto a vettura popolare.

La carrozzeria esibiva linee tese (frutto della matita dello stilista Louis Bionier), che disponeva di un pratico portellone posteriore ma conservava l'ampia capote della 2CV ora dotata di un sistema d'apertura semplificato, azionabile anche dall'interno della vettura.

La Dyane offriva quattro posti su sedili abbastanza confortevoli (nel senso che non si stava male a patto di non centrare la traversa centrale della panchetta con le natiche o con l’osso sacro. No, i sedili non si reclinavano. ma il tetto in tela la trasformava in una sorta di quasi convertible ma non in una vera cabriolet perchè rimanevano su i vetri e montanti.

A bordo tanto spazio per le gambe ed una buona visibilità. L’abitabilità era data anche dagli arredi minimalisti e dall’assenza di console e tunnel. con il cambio a 4 marce del bicilidrico che si comandava con una leva in plancia che non rispettava il classico schema da H.

Inoltre, l’altezza da terra insieme al grande comfort assicurato dalla morbidezza delle sospensioni ne permettevano l'utilizzo anche su strade dissestate o addirittura laddove le strade non esistevano proprio. non era un fuori strada ma amava sporcarsi le ruote.

Su strade asfaltate, Dyane filava via liscia e sicura, grazie alla sofistica sospensione interconnessa con un ammortizzatore posto longitudinalmente che serviva una ruota anteriore e la corrispondente posteriore sullo stesso lato.

Dyane teneva la strada con le sue ruote dalla sezione molto esigua ma, molto morbida si coricava in curva (per chi soffriva il mal d’auto era terrificante) ma senza mai staccare le ruote da terra e grazie ad una aerodinamica tutto sommato piuttosto curata, garantiva medie decenti anche in termini di velocità.

La meccanica, derivata da quella collaudatissima della 2CV, era solida: la trazione era anteriore, il motore boxer bicilindrico di 425 cc era raffreddato ad aria, l'accensione era comandata direttamente dall'albero a camme, l'alimentazione avveniva tramite un carburatore che sfruttava la ventola di raffreddamento per aumentare il volume d'aria immesso nei cilindri. Come sulla 2CV, in caso d'emergenza era possibile avviare il motore con una manovella esterna, da inserire nell'apposito foro sulla mascherina anteriore. Contrariamente alle aspettative, però, l'accoglienza in patria questa Dyane (successivamente denominata Dyane4) fu piuttosto fredda.

Secondo la stampa francese non offriva sufficienti motivi per giustificarne l'acquisto al posto della gloriosa 2CV, ormai diventata una sorta di “monumento nazionale” all'automobile francese.

Fu la filiale italiana del Marchio a trovare la soluzione al problema: dotare la Dyane di un motore più performante, quello della berlina compatta Ami6. Si trattava sempre di un bicilindrico ma di 602 cc, contro i 425 cc degli esemplari venduti al di là delle Alpi.

La potenza (inizialmente 28 CV, poi 35 CV già nel 1969) spingeva la vettura a sfiorare i 120 chilometri all'ora, che si raggiungevano in quarta marcia ben al di sotto del regime massimo di rotazione del motore.

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