Motori24

Divertente, economica e affidabile: la Austin Healey Sprite…

  • Abbonati
  • Accedi
cinquantesimo anniversario

Divertente, economica e affidabile: la Austin Healey Sprite «Frogeye» affascina ancora oggi

Probabilmente a causa dell’attuale eclissi di interesse del mondo collezionistico nei confronti dei più puri roadster inglesi, si stava correndo il rischio di non celebrare il mezzo secolo di questa simpaticissima automobilina che è stata, oltre tutto, capostipite di una razza arrivata fino al 1979 anche se, a quel punto, come vedremo, aveva cambiato nome e cognome. Ma torniamo, per il momento, al 1958, in quella bella giornata a Montecarlo quando la «Sprite» fu svelata al pubblico.

Si trattava del frutto di un lavoro comune da parte di un terzetto di giganti del motorismo britannico: Donald Healey per primo, che, dopo il grande successo della sua 100, aveva intuito lo spazio di mercato esistente per una vetturetta con queste caratteristiche; poi il di lui figlio Geoffrey, al quale venne affidata la progettazione e che arrischiò, e si vedrà con quale lungimiranza, la costruzione monoscocca anche su di una vettura senza tetto; infine Gerry Coker, lo stilista della Austin Healey 100 (che ancora oggi è una delle più belle roadsters di tutti i tempi) che, al cospetto del nuovo compito, resistette encomiabilmente alla tentazione di rifarsi alla sorella maggiore.

Creando così qualcosa di unico: una delle pochissime automobili che sono definite da un soprannome in virtù dell’originalità della propria linea zoomorfa: «Topolino», «Maggiolino», «Frogeye» (Occhi di rana). Chi altri!? E proprio questi «occhietti» sono la conferma della genialità di Coker; l’auto, infatti, avrebbe dovuto nascere con i fari a scomparsa, presto però abbandonati per motivi di costo; e a quel punto cosa pensò Coker? «Facciamo finta che i fari a scomparsa siano sempre aperti» e... il gioco fu fatto.

L’economia di costruzione, peraltro, fu il mantra durante tutto lo sviluppo del modello: per la meccanica si pensò quindi di utilizzare la più umile presente nel vasto repertorio della British Motor Corporation, quella della Austin A35 con motore di 950 cc a valvole in testa (almeno quello), freni a tamburo con quelli posteriori a comando meccanico e sospensione posteriore a ponte rigido con balestre. Pensando alla vivacità necessaria a uno spiderino destinato ai giovani, si era capito però subito che il basso peso prevedibile (650 kg) non sarebbe stato sufficiente per ottenerla (la vivacità di cui sopra) con i soli 35 CV del motore Austin. Si pensò così di affidarlo alle cure di un esperto motorista della Morris che, mediante il montaggio di due carburatori al posto di uno e di un albero a camme leggermente più spinto, ottenne otto cavalli aggiuntivi (43 in tutto); a quel punto i 130 km/h erano effettivamente a portata di mano e per di più, raggiungibili in tempi ragionevoli.

Incredibile, anche con il metro di allora, il livello di austerità di tutta la costruzione della vettura: niente maniglie delle porte, niente finestrini laterali, niente sportello del bagagliaio, cromature ridotte al minimo; non si lesinò invece nella strumentazione, abbastanza completa. Ottimamente pensato anche il cofano interamente apribile sulle proprie cerniere posteriori, sotto il quale il motore era perfettamente raggiungibile e, nonostante il potenziamento già subito, facilmente elaborabile tanto da assicurare a questa insospettabile macchinetta con la faccia da cartone animato una vita agonistica punteggiata da risultati impensabili: vittorie di classe alle 12 Ore di Sebring, al Rally di Montecarlo e del Sestriere; brillantissima anche la partecipazione alla Targa Florio del 1959 con un diciassettesimo posto assoluto e terzo di classe.

Naturale conseguenza di tutto questo insieme di qualità, il successo fu molto buono su tutte e due le sponde dell’Atlantico e, fino al cessare della produzione nel 1961, ne vennero immatricolate poco meno di 49.000 esemplari; a questo punto della sua carriera l’Austin Healey Sprite subì la strana sorte di diventare il clone della MG Midget, nata quell’anno sulla sua base.

Macchina totalmente diversa nell’aspetto ebbe il vantaggio di essere un poco meno spartana (dal 1964 guadagnò, addirittura, le maniglie alle portiere con serratura) ma perdette del tutto la sua linea accattivante da «ranocchietta» per diventare, certamente non brutta, ma una delle stilisticamente più banali spider della storia dell’auto; così costretta proseguì la sua vita commerciale seguendo le evoluzioni della sorella MG; ma solo fino al 1971. A quel punto si ritenne in British Leyland più redditizio togliere dal listino la Sprite che, a causa di controversie con Donald Healey, non avrebbe più potuto sfoggiarne il Marchio, per mantenere in produzione, come si diceva all’inizio, fino al 1979 solo la Midget nella gamma MG accanto alla «B».

Posto che si sia non più alti di m. 1,75 e di corporatura abbastanza agile, oggi la Frogeye ci pare un acquisto molto interessante: divertente da guidare, facilissima ed economica da restaurare, economicissima da mantenere, affidabile e di linea personale, oggi si può acquistare in ottime/perfette condizioni attorno ai venti/venticinquemila Euro.

© Riproduzione riservata