La dichiarazione dei redditi

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Per la Sas imputazione proporzionata alla quota

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Questo articolo è stato pubblicato il 05 luglio 2010 alle ore 12:09.

La deducibilità delle perdite da parte dei soci di società in accomandita semplice è disciplinata dall'articolo 8, comma 2, del Tuir. Tale norma stabilisce che le perdite delle società in accomandita semplice sono imputate a ciascun socio in proporzione alla rispettiva quota di partecipazione agli utili, che si presume proporzionata al valore del conferimento. Inoltre, la norma prevede che per le perdite delle società in accomandita semplice che eccedono il capitale sociale la precedente disposizione si applica nei soli confronti dei soci accomandatari.

Tale ultima previsione appare in sintonia con quanto previsto dall'articolo 2313 del codice civile, in base al quale i soci accomandatari rispondono solidamente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali, mentre i soci accomandanti rispondono limitatamente alla quota conferita.
Il dato letterale delle disposizioni citate evidenzia due aspetti che si possono prestare a differenti interpretazioni:
e il primo, che attiene al diritto del socio accomandatario di dedurre o meno tutte le perdite che non possono essere dedotte dagli accomandanti (in passato si riteneva che la parte di perdita eccedente, riferita alla quota di partecipazione dei soci accomandanti, non potesse essere imputata ai soci accomandatari e, quindi, andasse persa);
r il secondo aspetto, ad oggi non ancora chiarito in modo univoco, si lega al dato letterale della norma quando si parla di «perdita eccedente rispetto al capitale sociale».

La possibilità
In relazione al primo aspetto, risolvendo una vivace diatriba dottrinaria, l'agenzia delle Entrate, con la risoluzione 152/E del 4 ottobre 2001, ha chiarito, in tema di deducibilità delle perdite fiscali nelle Sas, che l'articolo 8 del Tuir non fissa un limite alla complessiva deducibilità delle perdite fiscali ma detta, invece, un criterio per la loro ripartizione. In tempi successivi, la Cassazione, con la sentenza 12332 del 24 maggio 2006, ha confermato la tesi dell'agenzia delle Entrate, chiarendo che «la norma, tenuto conto della sua inequivoca ratio, va interpretata nel senso che l'intera perdita eccedente il capitale sociale deve essere suddivisa tra i soci accomandatari in proporzione della loro partecipazione».

L'eccedenza
La seconda questione, più complessa e ad oggi non definitivamente risolta, riguarda appunto le modalità di imputazione della perdita eccedente in capo al socio accomandatario, nei casi in cui accanto al capitale sociale siano presenti riserve o altri elementi del patrimonio netto. Per certi versi parrebbe illogico limitare il confronto delle perdite al capitale sociale, escludendo le altre voci del patrimonio netto, quasi che esse non siano attribuibili pro quota ai soci paccomandanti oppure che esse appartengano agli stessi soci come un vero e proprio credito (è il caso delle riserve di utili in trasparenza), senza necessità di una previa deduzione delle eventuali perdite societarie. Sul punto, va segnalato quanto affermato dall'Agenzia nella circolare 41/E del 13 febbraio 2002, in relazione all'agevolazione Tremonti bis.

In tale documento le Entrate hanno precisato che il criterio esposto nella risoluzione 152/E del 2001, citata in precedenza, deve considerarsi valido per ogni perdita fiscale realizzata dalla società, anche se la stessa si verifica per più esercizi e in assenza di una effettiva perdita civilistica. Pur in presenza di un utile civilistico, quindi, la circolare ha affermato che i soci accomandanti potranno dedurre per ogni periodo d'imposta la perdita fiscale nei limiti della quota conferita. Viceversa, ai soci accomandatari è attribuita per intero la possibilità di dedurre fiscalmente la parte di tali perdite in eccedenza rispetto al capitale sociale.
Il continuo richiamo operato al dato letterale del «capitale sociale», quindi, autorizzerebbe all'imputazione della perdita eccedente in capo al socio accomandatario, ignorando la presenza di eventuali altre componenti del patrimonio netto (riserve, fondi, versamenti a fondo perduto), seppur tale soluzione sia meno corretta da un punto di vista logico-sistematico, e per certi versi, penalizzante per i soci accomandanti. È auspicabile una precisazione ufficiale sul punto.

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