La dichiarazione dei redditi

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Quali sono i risarcimenti tassabili

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Questo articolo è stato pubblicato il 05 luglio 2010 alle ore 12:06.

Le somme percepite a titolo di indennità risarcitorie sono assoggettate a tassazione ai fini delle imposte sui redditi? La risposta non può essere univoca, in quanto l'imponibilità delle stesse dipende dalla loro natura.
La norma di riferimento è l'articolo 6, comma 2, del Tuir, secondo il quale devono essere ricondotte a tassazione le indennità corrisposte a titolo risarcitorio, sempreché le stesse abbiano una funzione sostitutiva o integrativa del reddito del percipiente; sono, in sostanza, imponibili le somme corrisposte al fine di sostituire mancati guadagni (lucro cessante) sia presenti che futuri del soggetto che le percepisce.

Diversamente, non assumono rilevanza reddituale le indennità risarcitorie erogate al fine di reintegrare il patrimonio del soggetto ovvero al fine di risarcire la perdita economica subita dal patrimonio (danno emergente).
In linea generale, quindi, non è mai reddito il risarcimento del danno emergente mentre lo è il risarcimento del lucro cessante. Occorre, però, un ulteriore passaggio: verificare che il lucro risarcito abbia, a sua volta, natura reddituale; ciò sta a significare che tale risarcimento deve trovare collocazione in una delle categorie di reddito previste dal comma 1 dello stesso articolo 6.

Per espressa previsione normativa sono, comunque, escluse da tassazione le indennità liquidate a titolo di invalidità permanente o per morte, ancorché vengano elargite in sostituzione e per la perdita di redditi.

Ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del Tuir sono assoggettate a tassazione separata anche le indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione dei rapporti di lavoro dipendente nonché le somme comunque percepite, al netto delle spese legali sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a seguito di provvedimenti dell'autorità giudiziaria o di transazioni relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro. La disposizione fu introdotta con finalità antielusive, per contrastare la tendenza, in caso di transazione per controversie di lavoro, ad attribuire natura risarcitoria a tutte le somme comunque riconosciute al dipendente a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, allo scopo di evitare la tassazione.

Si ritiene che, comunque, tale disposizione vada coordinata con il principio generale di tassazione delle sole somme conseguite in sostituzione di redditi e della intassabilità dei risarcimenti che non costituiscono reddito, ossia quelli erogati a fronte di danni emergenti. Deve trattarsi, evidentemente, di risarcimenti aventi natura di danno emergente "reale", e non già di indennità di buonuscita o di risarcimento per lucro cessante "mascherati" come danno emergente al fine di ottenere l'esclusione da imposizione.

Nella recente sentenza 19 marzo 2010 n. 6754, la Cassazione, in merito a una clausola contenuta in un verbale di conciliazione che confermava la natura risarcitoria dell'importo riconosciuto a un dirigente per il suo demansionamento, ha cassato con rinvio la sentenza di merito richiedendo alla Ctr, a prescindere dalla qualificazione della clausola operata dalle parti, di stabilire – sulla base della volontà dei contraenti, desumibile non solo dal verbale di conciliazione, ma anche dal loro complessivo comportamento – se, e in quale misura, la somma percepita sia stata corrisposta o meno a titolo di ristoro di un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi.

Secondo giurisprudenza consolidata, l'indennità prevista dal contratto collettivo dei dirigenti di aziende industriali per l'ipotesi di licenziamento ingiustificato o di recesso per giusta causa è assoggettata a tassazione separata e a ritenuta d'acconto, atteso che tutte le indennità che traggono origine dal rapporto di lavoro dipendente costituiscono reddito di tale natura. Tuttavia, il contribuente può fornire la prova concreta dell'esistenza e dell'ammontare del danno che non assume rilevanza fiscale, in mancanza della quale è applicabile il principio secondo cui alle somme versate dal datore di lavoro deve essere presuntivamente attribuita, al di là delle qualificazioni formalmente adottate dalle parti, la natura di ristoro della perdita di redditi assoggettabili ad imposizione (Cassazione n. 360/09). Tale principio è stato affermato dall'agenzia delle Entrate, nella risoluzione 106/E del 2009, anche con riguardo alle somme attribuite a un lavoratore autonomo a titolo di perdita delle cosiddette «chance professionali».

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