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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2012 alle ore 08:13.

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La recente manovra del Governo Monti è in parte incentrata sulla tassazione del patrimonio tanto immobiliare (Ici/Imu) quanto mobiliare (imposta di bollo sulle attività finanziarie, la cosidetta "tassa sul lusso"). Si tratta di singole e frammentate forme impositive patrimoniali di tipo reale che, pertanto, colpiscono i singoli cespiti patrimoniali e non il valore complessivo del patrimonio, individuale o familiare.
La scelta di un'imposizione patrimoniale reale su taluni singoli cespiti è giustificata con la situazione di particolare emergenza che il nuovo Governo si è trovato ad affrontare. Ciò nondimeno tale scelta non può che essere temporanea potendo condurre a effetti distorsivi vuoi di eccessiva tassazione vuoi di mancata imposizione.
Nello specifico, lo strumento dell'imposta di bollo utilizzato per la tassazione patrimoniale della ricchezza finanziaria può determinare possibili problemi di reiterazione del prelievo nel caso di intervento di più intermediari e, di converso, di mancanza del presupposto impositivo nel caso in cui la ricchezza finanziaria non sia detenuta tramite intermediari.
Come emerso in un recente seminario della Fondazione Bruno Visentini tenuto presso il Ceradi-Luiss, anche accettando la scelta (che, comunque, si auspica temporanea) di un'imposizione patrimoniale reale sui singoli cespiti, ciò che appare in ogni caso mancare nella disciplina legislativa approntata d'urgenza dal Governo è la fissazione di alcuni principi generali a cui le singole forme di imposizione patrimoniale introdotte debbano fare riferimento.
Eccessiva appare la commistione fra forme di prelievo sistematicamente e tecnicamente lontane fra loro: così l'Imu non è più solo un'imposta locale, ma diviene in parte anche un'imposta erariale, perdendo, dunque, la sua natura di prelievo collegato al finanziamento dei servizi comunali, collegamento sicuramente insussistente per l'imposta patrimoniale che simmetricamente, per estensione, colpisce gli immobili esteri; così l'imposta di bollo sui prodotti e sugli strumenti finanziari si trasforma in un'imposta patrimoniale propria nella sua estensione alle attività finanziarie estere, tanto da prevedersi l'applicazione delle norme procedurali non già dell'imposta di bollo (come per la tassazione delle attività finanziarie italiane), ma dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. Ciò significa che mentre per l'applicazione dell'imposta di bollo sulle attività finanziarie italiane sarà necessario un intermediario tenuto - almeno astrattamente - all'invio di una comunicazione alla clientela, la patrimoniale sulle attività finanziarie estere sarà comunque applicabile anche in mancanza di un intermediario, essendo dovuta direttamente dal contribuente in dichiarazione.
Emblematico di tale situazione di commistione fra prelievi tecnicamente asimmetrici difficilmente fra loro componibili per la mancanza di principi di riferimento, appare il caso della tassazione delle attività finanziarie "scudate". Invero, accanto alla previsione di un super-bollo per le attività finanziarie oggetto di emersione e depositate nei conti riservati (vera e propria "imposta sull'anonimato") è stata prevista, sia pure solo per l'anno 2012, un'imposta straordinaria del 10 per mille per le attività finanziarie già oggetto di emersione e che alla data del 6 dicembre 2011 sono state in tutto o in parte prelevate o comunque dismesse, non sono, cioè, più nei conti riservati.
Ora, non si comprende se tale imposta, definita come straordinaria, sia anch'essa un super-bollo che dovrà essere applicato dagli intermediari che a suo tempo ricevettero la dichiarazione riservata o sia un'imposta (non solo economicamente ma anche giuridicamente) patrimoniale dovuta, dunque, direttamente e personalmente dai contribuenti che a suo tempo presentarono la dichiarazione riservata.
Il rinvio tecnico alle norme procedurali sull'imposta di bollo farebbe propendere per la prima soluzione; mentre la natura del prelievo straordinario applicabile alle attività finanziarie anche dismesse e, quindi, che potrebbero ben essere uscite dal circuito degli intermediari farebbe propendere per la seconda soluzione, con la limitazione, dunque, del ruolo degli intermediari a meri compiti di comunicazione relativamente alle dichiarazioni riservate a suo tempo ricevute.
L'impossibilità di riferirsi a principi sistematici certi determina l'estrema difficoltà della soluzione, non potendosi chiaramente rifare per l'interpretazione del diritto positivo a una visione meramente economica del prelievo come tassazione patrimoniale, ma essendo invece necessario, per eventualmente ricondurre tale imposta straordinaria fra i prelievi giuridicamente patrimoniali, una precisa indicazione da parte della legge.
Quante e quali siano le ragioni di necessità e urgenza la qualità della legge è sempre un valore superiore e insopprimibile.
© RIPRODUZIONE RISERVATA di Fabio Marchetti

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