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La «voluntary» vince sullo scudo

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Fisco & Contabilità

La «voluntary» vince sullo scudo

  • –Valentino Tamburro

La voluntary disclosure può battere l’ultimo scudo fiscale in convenienza se le attività da regolarizzare non hanno prodotto redditi significativi o addirittura alcun reddito. È il caso, per esempio, degli immobili ricevuti in eredità o in donazione e non dichiarati al fisco italiano ma da cui non è stato mai ottenuto alcun reddito, perché per esempio non sono stati locati. Il costo dell’adesione alla procedura di rientro dei capitali potrebbe, infatti, risultare in alcuni casi inferiore rispetto a quello sostenuto dai contribuenti che hanno aderito all’ultima «edizione» dello scudo fiscale entro il 30 aprile 2010. Mentre l’applicazione dell’imposta dovuta nel caso di adesione allo scudo fiscale si basava su una presunzione assoluta che non teneva conto del periodo di effettiva detenzione all’estero delle attività oggetto di regolarizzazione o rimpatrio né del reale rendimento conseguito, la procedura di voluntary disclosure tiene conto di entrambi i predetti parametri e potrebbe risultare più conveniente rispetto all’ultimo scudo con aliquota effettiva applicabile al 7 per cento.

Le condizioni

Tale circostanza non si verifica quando le attività oggetto di regolarizzazione siano derivanti da evasione fiscale ancora accertabile (si veda «Il Sole 24 Ore» del 9 gennaio). Qualora, invece, le attività finanziarie e patrimoniali siano state acquisite per successione o donazione, l’adesione alla procedura di voluntary disclosure potrebbe risultare più conveniente rispetto ai costi che sarebbero stati sostenuti applicando le vecchie regole per lo scudo fiscale, soprattutto nel caso in cui le attività regolarizzate non abbiano prodotto redditi significativi o alcun reddito.

Naturalmente per la Svizzera la convenienza dipende dalla stipula entro il prossimo 2 marzo 2015 dell’accordo di modifica alla Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore con l’Italia. In questa ipotesi e con la conseguente riduzione delle sanzioni, il confronto dei costi negli esempi a lato è stato effettuato tra le seguenti situazioni:

un contribuente che nel 2015 aderisce alla procedura di voluntary disclosure in relazione ad attività pervenute per successione nel corso del 2013;

un contribuente che nel 2010 ha aderito allo scudo fiscale in relazione ad attività pervenute per successione nel corso del 2008.

Le altre variabili

Ma ci sono anche altre variabili da considerare rispetto alla sanatoria 2009-2010.

In primo luogo, bisogna capire se il patrimonio oggetto di regolarizzazione proviene a sua volta da soggetti che abbiano correttamente adempiuto agli obblighi di dichiarazione in Italia oppure da soggetti fiscalmente residenti all’estero. A differenza dello scudo, la voluntary disclosure non garantisce più l’anonimato e ciò potrebbe determinare, ad esempio, l’apertura di un controllo fiscale nei confronti del defunto ovvero del soggetto donante. In tal caso, sebbene le sanzioni siano intrasmissibili agli eredi, sarebbero comunque dovute le imposte e relativi interessi.

In secondo luogo, le attività finanziarie con una media delle consistenze al termine di ciascun periodo d’imposta oggetto di disclosure fino a due milioni di euro possono consentire l’opzione per la determinazione dei rendimenti con un forfait del 5% del valore complessivo della consistenza alla fine dell’anno e il calcolo dell’imposta dovuta con l’aliquota del 27 per cento. Si tratta di un’agevolazione che potrebbe avvantaggiare soprattutto chi non ha dichiarato redditi di natura finanziaria tassati secondo l’aliquota progressiva Irpef, come i dividendi da società non quotate residenti in Paesi black list. Negli altri casi potrebbe convenire di più la determinazione analitica dei rendimenti, anche per le consistenze inferiori ai 2 milioni di euro.

Ivie e Ivafe

La regolarizzazione degli immobili e delle attività finanziarie detenute in violazione del monitoraggio fiscale dovrà fare i conti anche con l’Ivie e l’Ivafe, dovute a partire dall’anno d’imposta 2012 e non comprese nella procedura di collaborazione volontaria. Allo stesso modo la voluntary disclosure non permette di sanare le eventuali imposte di successione e donazione dovute.

Per quanto riguarda gli immobili, a partire dal periodo d’imposta 2009 in poi devono essere indicati in RW anche se non producono redditi imponibili in Italia. Senza dimenticare, infine, che dal 2013 i criteri di valorizzazione delle attività finanziarie e patrimoniali estere da indicare nel modulo RW sono cambiati (si veda la circolare 38/E/2013).

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IL CONFRONTO

Le differenze tra la voluntary disclosure e l’ultimo scudo fiscale. Importi in euro

GLI INVESTIMENTI

01 LA SITUAZIONE

Nel 2013 un contribuente italiano ha ricevuto in eredità 100mila euro provenienti da un conto svizzero di un parente in linea retta di primo grado. L’importo è stato accreditato su un conto elvetico.Non superando i 2 milioni di euro, il contribuente opta per il calcolo a forfait. L’imposta dovuta sarà pari al 27% di una percentuale pari al 5% del patrimonio detenuto al 31 dicembre 2013. Per le somme su conto corrente è marginale l’impatto di Ivafe
(34,20 euro) e sanzioni, sebbene non sia coperto dalla disclosure

02 LE SANZIONI

In caso di accordo Italia - Svizzera, per l’omessa compilazione di RW si applicherà la sanzione del 3%, dimezzata e ridotta a un terzo in adesione.
Per i redditi prodotti all’estero la sanzione è pari al 100% dell’imposta evasa aumentata di 1/3 e poi ridotta di 1/4 e a 1/6 in caso di adesione all’invito
al contraddittorio

LE DIFFERENZE CON L’ULTIMO SCUDO

L’IMMOBILE EREDITATO

01 LA SITUAZIONE

Nel 2013 un contribuente italiano ha ricevuto per successione ereditaria un immobile situato in Svizzera e non locato. Il valore dell’immobile è pari a un milione di euro. Finora non ha mai provveduto a dichiararlo al fisco italiano, per questo intende mettersi in regola con la voluntary disclosure

02 LE SANZIONI

In caso di accordo tra Italia e Svizzera, per l’omessa compilazione del modulo RW si applicherà la sanzione del 3%, dimezzata e ridotta a un terzo in adesione. Poiché l’Ivie sugli immobili esteri (che nel caso in questione sarebbe pari a 7.600 euro) non è compresa nella procedura di voluntary disclosure, nel calcolo del costo complessivo bisognerà tenere conto anche dell’impatto di tale imposta e delle relative sanzioni e interessi

LE DIFFERENZE CON L’ULTIMO SCUDO