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Appalti al cambio «in corsa»

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Diritto

Appalti al cambio «in corsa»

Quando un condominio decide di cambiare ”in corsa” l’impresa scelta per eseguire i lavori, le conseguenze possono essere difficile da gestire.

Va ricordato che l’assemblea di condominio è l’organo sovrano del condominio e indica chi deve eseguire i lavori e l’amministratore firma il contratto d’appalto. La scelta della ditta esecutrice non è sempre facile ed immediata ed alle volte è frutto di ripensamenti da parte dei condomini. Un’impresa che fino a qualche giorno prima appariva la più affidabile, dopo qualche tempo può non apparirlo più e l’assemblea può decidere di sostituirla; la sostituzione non dev’essere motivata (salvo il caso di eccesso di potere, l’assemblea decide con la più ampia discrezionalità senza che ciò possa passare al vaglio dell’Autorità giudiziaria), ma deve pur sempre rispettare determinate regole e può comportare degli effetti negativi per la compagine stessa.

Innanzitutto i quorum deliberativi necessari a provvedere alla sostituzione dell’impresa esecutrice debbono essere quanto meno gli stessi astrattamente idonei a prendere quella decisione e non uguali o superiori a quella di precedente affidamento dell’incarico. Così, se si tratta di lavori straordinari di notevole entità, basterà il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea e almeno la metà del valore millesimale dell’edificio e non quella maggiore raggiunta in sede di scelta della prima ditta. Chiaramente, decisioni del genere assunte con quorum deliberativi inferiori devono essere considerate invalide e come tali impugnabili ai sensi dell’articolo del Codice civile.

Il reale problema, che può discendere dalla sostituzione dell’impresa scelta inizialmente con un’altra, è legato al risarcimento del danno derivante dal recesso dal contratto d’appalto. Secondo l’articolo 1671 del Codice civile il committente può recedere dal contratto, anche se è stata iniziata l’esecuzione dell’opera o la prestazione del servizio, purché tenga indenne l’appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno. Come dire: alla libertà di poter sempre sciogliere il vincolo contrattuale corrisponde il dovere di non far gravare il peso di questa scelta sull’appaltatore.

In conseguenza di ciò, pertanto, la scelta del condominio di sostituire la ditta esecutrice dei lavori sarà indolore in termini economici soltanto se la prima impresa indicata dall’assemblea non sia stata ancora informata della sostituzione prima della conclusione del contratto.

È utile ricordare che, in base all’articolo 1326 del Codice civile, il contratto s’intende concluso quando il proponente (nel nostro caso l’impresa che ha presentato preventivo) ha conoscenza (per esempio per comunicazione telefonica) dell’accettazione della proposta (si veda in tal senso la sentenza della Corte di cassazione del 12 luglio 2011, n. 15293).

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IN SINTESI

01 LIBERTà dell’assemblea

L'assemblea condominiale è sovrana e può decidere di sostituire l'impresa inizialmente scelta per l'esecuzione degli interventi manutentivi

Il quorum per deliberare tale sostituzione è quello astrattamente idoneo a decidere su quell'intervento e non dev'essere uguale o maggiore a quello della prima scelta

La decisione di sostituire l'impresa può essere assunta in qualunque momento

02 IL rischio risarcimento

Se, una volta firmato il contratto d’appalto, oppure dopo che sono iniziati i lavori, il condominio cambia idea, scatta il risarcimento dei danni all’appaltatore che deve rinunciare al guadagno

Il condominio deve quindi tenere indenne l'appaltatore dal conseguente pregiudizio economico (articolo 1671 del Codice civile

In realtà, il condominio sfugge al risarcimento soltanto se la prima impresa indicata dall’assemblea non sia stata ancora informata della sostituzione prima della conclusione del contratto

03 LA notizia

In base all’articolo 1326 del Codice civile, il contratto s’intende concluso quando il proponente (cioè l’mpresa che ha presentato preventivo) ha conoscenza (per esempio per comunicazione telefonica) dell’accettazione della proposta (così ha chiarito la Cassazione con la sentenza 15293/2011)