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Delocalizzazione boomerang: se vai in Finlandia il costo del lavoro sale

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Delocalizzazione boomerang: se vai in Finlandia il costo del lavoro sale

Pensava di farla franca la Elektrobudowa Spolka Akcyjna (Esa), una società polacca che ha distaccato 186 lavoratori presso la sua succursale finlandese per l'esecuzione di lavori di elettrificazione sul cantiere della centrale nucleare di Olkiluoto, nel comune di Eurajoki in Finlandia. Pensava di elaborare le buste paga secondo il diritto polacco.

In realtà, le ha ricordato la Corte di giustizia europea con la sentenza odierna relativa alla causa 396/13, la direttiva relativa al distacco dei lavoratori prevede che, in materia di tariffe minime salariali, le condizioni di lavoro e di occupazione garantite ai lavoratori distaccati siano fissate dalla normativa dello Stato membro ospitante e/o, nel settore edile, dai contratti collettivi dichiarati di applicazione generale nello Stato membro ospitante.

In Finlandia c’è il contratto collettivo
La legge finlandese relativa al distacco dei lavoratori prevede che il salario minimo sia una retribuzione determinata sulla base di un contratto collettivo di applicazione generale.

I lavoratori polacchi, sostenendo che l'Esa non aveva concesso loro la retribuzione minima - basata su criteri più favorevoli ai lavoratori rispetto a quelli applicati dall'Esa - spettante in base ai contratti collettivi finlandesi di applicazione generale conclusi per le branche dell'elettrificazione e degli impianti tecnici di edificio, hanno individualmente ceduto i propri crediti al Sähköalojen ammattiliitto (sindacato finlandese del settore dell'energia elettrica) affinché quest'ultimo ne garantisse la riscossione.

Il contratto collettivo comprende la classificazione dei lavoratori in gruppi retributivi, la determinazione della retribuzione (su base oraria o a cottimo) oppure la concessione ai lavoratori di una gratifica per ferie, di un'indennità giornaliera, di un'indennità per il tragitto nonché l'assunzione dei costi relativi al loro alloggio.

Conclusioni
La Corte conclude che la direttiva non osta a un calcolo del salario minimo su base oraria e/o a cottimo, basato sull'inquadramento dei lavoratori in gruppi retributivi, purché tale calcolo e tale inquadramento siano effettuati sulla base di norme vincolanti e trasparenti, accertamento questo che spetta al giudice nazionale.

La Corte rileva poi che l'indennità giornaliera, destinata a garantire la tutela sociale dei lavoratori grazie alla compensazione dei disagi dovuti al distacco, non è versata a titolo di rimborso delle spese effettivamente sostenute a causa del distacco. Ne consegue che essa deve essere qualificata come indennità specifica per il distacco e fa dunque parte integrante, conformemente alla direttiva, del salario minimo a condizioni identiche a quelle cui è subordinata la sua inclusione nel salario minimo versato ai lavoratori locali in occasione di un distacco all'interno dello Stato membro interessato.

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