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Mansioni flessibili, tutti guardano al Jobs act

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Mansioni flessibili, tutti guardano al Jobs act

Potrebbe essere l’attuazione del Jobs act il “treno” su cui far salire una maggiore flessibilità delle mansioni, anche a beneficio delle lavoratrici che hanno avuto una diagnosi di tumore al seno.

La seconda parte della legge delega di riforma del lavoro 183/2014 (articolo 1, comma 7) prevede infatti che la disciplina delle mansioni sia rivista, «in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale (...) contemperando l’interesse dell’impresa all’utile impiego del personale con l’interesse del lavoratore alla tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita ed economiche, prevedendo limiti alla modifica dell’inquadramento».

Questa norma, inserita nella parte della legge che punta a rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro, potrebbe essere infatti ampliata, pensando ai lavoratori che si sono trovati in passato o che si trovano ad affrontare oggi un tumore. O almeno, questo è l’auspicio inserito nelle «proposte di intervento» conclusive della ricerca di Europa Donna Italia ed Euromedia Research sul rientro al lavoro post malattia delle donne colpite da tumore al seno.

La possibilità di essere assegnate a mansioni diverse, compatibili con una ridotta capacità lavorativa sul piano fisico e psicologico, anche per un periodo limitato di tempo, consentirebbe infatti all’azienda di non rinunciare al contributo e all’esperienza della lavoratrice e alla donna di riprendere il ritmo “ordinario” del lavoro con più gradualità.

Oggi la possibilità del lavoratore di essere assegnato a mansioni diverse, anche inferiori, mantenendo il trattamento corrispondente alle funzioni di provenienza, è previsto dalla legge 68/1999 sul diritto al lavoro delle persone disabili. Si tratta però di una facoltà per le aziende, che, se non possono destinare il lavoratore a compiti adeguati al suo stato di salute, possono risolvere il rapporto.

Uno dei problemi fondamentali messi in luce dalla ricerca di Europa Donna Italia è la frammentazione delle norme che riguardano le lavoratrici durante e dopo la malattia: le tutele della donna, cioè, cambiano in base al contratto collettivo del settore di riferimento e all’eventuale contratto aziendale applicato.

Anche la durata del periodo di comporto, quello in cui il lavoratore ha diritto a conservare il posto nonostante la sospensione della sua attività per malattia, che normalmente è di sei mesi, varia da un contratto collettivo all’altro. Alcuni Ccnl infatti (ad esempio ottici o tessili piccola industria) hanno esteso la durata del periodo. «Per uniformare le tutele e codificare un sistema di regole per i malati di tumore - spiega l’avvocato Gabriele Fava , che ha curato la parte normativa dell’indagine di Europa Donna Italia - servirebbe un Testo unico del malato oncologico. E poiché manca nella Ue una legislazione specifica per tutelare i malati di cancro, servirebbe anche un intervento normativo europeo che facesse da “ombrello” alla legislazione dei singoli Paesi».

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