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Reverse charge sull’Iva, perché il ricorso alla Ue si può…

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Reverse charge sull’Iva, perché il ricorso alla Ue si può vincere

La disposizione del reverse charge nei confronti di supermercati e ipermercati, ora oggetto di specifica denuncia da parte di Confindustria, sin dalla sua prima apparizione manifestava chiare carenze di compatibilità con l'ordinamento comunitario e in particolare con la direttiva 2006/112/Ce. Già da quegli albori e da queste stesse pagine ho avuto modo di sottolineare che l'introduzione di una regola di reverse charge costituisce una evidente deroga rispetto al meccanismo applicativo della specifica imposta e in quanto tale può essere introdotta solo attraverso una procedura autorizzativa piuttosto stretta e difficoltosa.

In effetti, tutti i casi di reverse charge ultimamente introdotti dal legislatore nazionale con la legge di stabilità 2015, al di fuori di questo specifico, nascono direttamene dalla normativa comunitaria che ha, con un esame preventivo, valutato l'equilibro e la proporzionalità tra la misura derogatoria e il corrispondente rischio di evasione concretamente esistente.

Ora proprio questa valutazione nella specifica ipotesi di reverse charge sembra del tutto carente. In effetti il legislatore nazionale può richiedere alle autorità di Bruxelles l'introduzione di una regola derogatoria solo dopo aver chiaramente dimostrato che tale deroga ha lo scopo precipuo di combattere un conclamato fenomeno di frode. Nel caso di specie, oltre a non essere provata l'esistente della conclamata evasione, la misura si presenta eccessivamente ampia sia sul piano soggettivo che oggettivo. In questo modo il legislatore nazionale vorrebbe introdurre in modo del tutto mistificato una norma generalizzata di deroga alla corretta formazione del debito Iva e ciò sembra una pratica incompatibile con la direttiva Iva e particolarmente pericolosa sul piano degli effetti che è potenzialmente idonea a produrre.

Proprio in relazione a questi profili la denuncia di Confindustria ha tutte le premesse per raggiungere l'obiettivo che si propone (far si che l'autorizzazione comunitaria non venga rilasciata), obiettivo che vedo, comunque, facilmente condivisibile da parte delle autorità di Bruxelles.

Un ulteriore profilo che conduce verso la negazione dell'autorizzazione è che se la misura si propone di eliminare o evitare la realizzazione di frodi, la stessa si presenta sicuramente sproporzionata rispetto allo specifico scopo perseguito e con ciò entra in evidente contrasto anche con la previsione di cui all'articolo 273 della direttiva Iva che ammette deroghe solo se le stesse risultino proporzionali al relativo obiettivo proposto. Sotto questo profilo la Corte di Giustizia ha avuto modo di sottolineare il principio a più riprese in diverse sentenze tra le quali a titolo d'esempio si richiama la sentenza Gabalfrisa cause riunite C-110/98 a C-147/98.

Ovviamente se la misura del reverse charge non verrà autorizzata l'ulteriore problema sarà di garantire in altro modo la copertura dei 780 milioni sottesi alla specifica disposizione che, allo stato attuale, porterebbero all'automatico aumento delle accise sui carburanti. Insomma, comunque si risolva la questione, qualcuno in un modo o in altro dovrà subirne gli effetti.

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