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Dalla separazione stop al comodato

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diritto di famiglia

Dalla separazione stop al comodato

La separazione detta lo stop al comodato sul tetto coniugale, se la coppia non ha figli minori e manca un provvedimento giudiziale di assegnazione dell’alloggio. Da accogliersi, in tal caso, la richiesta del proprietario di tornare in possesso del bene. Lo puntualizza il Tribunale di Cassino, giudice Eramo, con ordinanza del 23 marzo 2015.

Protagonista della vicenda è un uomo che, naufragato il matrimonio della figlia, le chiede di lasciare l’appartamento a suo tempo concessole in comodato gratuito e destinato a casa familiare. La donna, però, non ne vuole sapere di andar via e suo padre incarica un operaio di spostare l’automazione del cancello d’ingresso alla linea elettrica della sua abitazione. Di qui, il ricorso della signora – minacciata dai genitori e comunque impossibilitata ad entrare e uscire da casa con la propria auto – teso a riavere, con estrema urgenza, la disponibilità dell’automazione del cancello elettrico.

Domanda respinta. Per la tutela invocata dalla ricorrente, spiega il Tribunale, manca il requisito fondamentale, ossia il possesso o la detenzione qualificata. La permanenza della donna all’interno dell’abitazione, prosegue il giudice, era stata fino ad allora tollerata dai genitori solo per ragioni di ospitalità. Va rilevato poi – si legge nell’ordinanza – che quando un bene immobile è dato in comodato da uno dei genitori affinché funga da residenza familiare dei futuri coniugi, il «vincolo di destinazione appare idoneo a conferire all’uso, cui la cosa deve essere destinata, il carattere di elemento idoneo a individuare il termine implicito della durata del rapporto». Di conseguenza, una volta cessata la convivenza e in mancanza di un provvedimento formale di attribuzione, questo deve essere restituito al comodante, «essendo venuto meno lo scopo cui il contratto era finalizzato» (in tal senso, tra le altre, c’è la sentenza 2103/12 della Cassazione).

In un’altra recente occasione, lo stesso Tribunale di Cassino ha bocciato (sentenza n. 133/15) la richiesta del suocero di tornare nella disponibilità dell’appartamento “prestato” al figlio, successivamente defunto, e adibito a residenza coniugale. La vedova lo abitava con i figli. In tal caso, annotò il Tribunale, la solidarietà coniugale o postconiugale doveva ritenersi prevalente sul diritto di proprietà. Ciò a maggior ragione in una vicenda come quella in questione: a dividere la coppia non era stato un conflitto sentimentale, ma la morte di uno dei coniugi.

Vicenda nettamente diversa, dunque, da quella dell’ordinanza del 23 marzo, intervenuta alla fine della coabitazione tra i consorti. Altro punto di differenza è il fatto che nella vicenda della separazione i figli erano ormai divenuti maggiorenni, quindi erano state stravolte le condizioni esistenti al momento in cui la casa veniva loro concessa in comodato. Del resto, conclude il Tribunale, gli sposi, fin dal principio, erano consapevoli della “reversibilità” del contratto. E la ricorrente, si rileva, non si sarebbe potuta opporre alla richiesta di rilascio, neppure nell’ipotesi «in cui non vi fosse stata la crisi coniugale». L’unico argomento a suo favore, difatti, poteva essere la «continuità della residenza familiare nell’interesse dei figli». Ma anche tale elemento, con gli anni, era venuto meno.

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