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Ecco chi incasserà il bonus pensioni maggiore

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Previdenza

Ecco chi incasserà il bonus pensioni maggiore

Un rimborso quasi integrale per le più basse fra le pensioni coinvolte dal blocco-Monti appena bocciato dalla Consulta, e decrescente, in modo piuttosto rapido, man mano che l’assegno cresce, in base a una progressione che azzera l’arretrato quando il lordo mensile arriva a 3.200 euro al mese.
Il meccanismo pensato ieri dal Governo prova a modulare gli obblighi di rimborso sollevati dalla sentenza 70/2015 della Corte costituzionale coniugando i principi di progressività con le esigenze del bilancio pubblico. I primi producono l’alleggerimento del rimborso che accompagna la crescita del reddito da pensione, i secondi spiegano il ritmo veloce della discesa.
Per capire gli effetti dei provvedimenti decisi dal consiglio dei ministri, in attesa che veda la luce il testo definitivo del decreto da mandare al Parlamento, è utile prendere in esame le tre fasce di pensione richiamate ieri dal premier in conferenza stampa, e mettere a confronto l’una tantum assicurata dal Governo con gli arretrati che il titolare dell’assegno riceverebbe applicando in modo integrale le norme sopravvissute alla forbice dei giudici delle leggi. Con una pensione da 1.700 euro lordi (poco più di 1.300 netti, con qualche oscillazione in base alle addizionali locali) l’assegno governativo in programma per il 1° agosto vale 750 euro. In quanto arretrati, gli importi dovrebbero essere soggetti a tassazione separata in base all’aliquota media degli ultimi anni, ma le cifre indicate dal Governo dovrebbero essere al netto della tassazione.

Il confronto va quindi effettuato con il beneficio netto che lo stesso pensionato avrebbe ottenuto se avesse ricevuto la rivalutazione piena, pagandoci ovviamente le tasse in base alla propria aliquota marginale dal momento che l’indicizzazione alimenta ovviamente la fetta più alta del reddito. In base alle vecchie regole, il titolare della pensione da 1.700 euro lordi al mese avrebbe dovuto ottenere 1.051 euro netti (1.480 lordi, calcolando anche le addizionali), quindi l’indennizzo approvato ieri dal Governo sarebbe del 71,4 per cento. Se l’assegno è invece da 2.200 euro, i 450 euro di “bonus” previsti dal nuovo provvedimento rappresentano il 35,2% dei 1.278 euro che sarebbero stati dati con la rivalutazione integrale, e per una pensione da 2.700 euro il rapporto fra la restituzione modello Renzi e quella piena si ferma al 25 per cento. Il dato si assottiglia ancora al crescere della pensione, fino ad azzerarsi a quota 3.200 euro lordi (circa 2.200 netti). È il caso di ricordare che il «salva-Italia» del Governo Monti aveva bloccato ogni aggiornamento per le pensioni superiori a 1.443 euro lordi, per cui una piramide come quella appena descritta dovrebbe prevedere un indennizzo più vicino all’integrale per le fasce più basse coinvolte nel meccanismo.

In questo modo, il Governo prova a raggiungere tre obiettivi: allargare il più possibile la platea dei pensionati che riceveranno qualcosa (3,7 milioni su 4,3 secondo i calcoli dell’Economia), ridurre l’impatto sul bilancio pubblico (due miliardi contro i 18 che avrebbe prodotto il rimborso in formula piena) e ribattere alle critiche con un meccanismo che dà di più a chi ha meno. Lo stesso principio torna per le rivalutazioni del futuro: da settembre una quota della vecchia inflazione influirà sull’assegno, assicurando circa 14 euro al mese alle pensioni da 1.700 euro lordi e cifre più leggere a quelli un po’ più alti.

gianni.trovati@ilsole24ore.com

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