Finora sono quasi 28mila, di cui oltre 11.500 l’anno scorso, le lavoratrici che hanno scelto “l’opzione donna” per andare in pensione con requisiti ridotti rispetto a quelli di vecchiaia, pur a fronte di un taglio dell’assegno che oscilla in media tra il 25 e il 30 per cento.
Con la legge 243/2004 è stata prevista, in via sperimentale, la possibilità per le donne di accedere alla pensione con 57 o 58 anni di età (se dipendenti o autonome) e 35 anni di contributi, ma previo ricalcolo dell’importo dell’assegno previdenziale applicando il metodo contributivo, soluzione che determina un alleggerimento del trattamento di circa un quarto del suo valore.
Nei primi anni questa opzione non è stata utilizzata perché non comportava vantaggi in termini di anticipo del pensionamento. Tuttavia, al crescere dei requisiti richiesti, è aumentato il numero delle lavoratrici che l’hanno scelta. Come riportato nel grafico a fianco, la grossa svolta si è registrata nel 2012, quale conseguenza della riforma Monti-Fornero che ha innalzato i minimi di accesso alla pensione. L’appeal dell’opzione è poi proseguito nel 2013 con 8.846 trattamenti liquidati, fino ad arrivare al picco di 11.527 nel 2014.
Per il futuro la possibilità di utilizzare l’opzione, al momento, è in forse. La legge 243/2004 prevede infatti che le interessate possano maturare i requisiti necessari entro il 2015 ma al contempo stabilisce che entro la fine dell’anno si debba effettuare un monitoraggio dell’utilizzo di questo strumento. Per effetto dell’applicazione delle “finestre mobili” chi matura i requisiti nel 2015 andrà in pensione nel 2016 e anche nella prima metà del 2017, rendendo impossibile chiudere il monitoraggio quest’anno.
L’Inps, con la circolare 35 del 2012, ha dapprima stabilito che per consentire il monitoraggio le lavoratrici devono maturare la decorrenza della pensione entro quest’anno (e quindi i requisiti devono essere raggiunti fino a 19 mesi prima). Successivamente, con il messaggio 9304 di dicembre 2014, l’istituto di previdenza ha precisato che eventuali richieste di utilizzo dell’opzione con decorrenza oltre il 2015 non verranno scartate, in attesa di chiarimenti da parte del ministero del Lavoro.
Una sorta di apertura “politica” più che sostanziale, dato che in realtà la domanda per l’opzione va presentata al momento della decorrenza e non quando si maturano i requisiti, quindi in teoria chi “sfora” nel 2016 dovrebbe fare richiesta a partire da quell’anno. Comunque finora non sono arrivate ulteriori comunicazioni in merito e il 2015 resta quindi l’ultimo anno utile per accedere alla pensione con requisiti e assegno ridotti. Tenuto conto di quanto successo nell’ultimo triennio è lecito supporre che anche quest’anno le richieste saranno elevate.
È comunque interessante guardare il recente trend alla luce delle possibili misure di flessibilità di pensionamento, per uomini e donne, che il governo sembra intenzionato a introdurre con la legge di stabilità di fine anno, come confermato ieri dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, intervenuto al Festival dell’economia di Trento. L’esecutivo, infatti, dovrebbe dare la possibilità di accedere al trattamento previdenziale con requisiti inferiori rispetto a quelli previsti dal quadro normativo attuale, a fronte però di una riduzione dell’importo dell’assegno. Tra le varie soluzioni tecniche prese in considerazione c’è il ricalcolo del trattamento utilizzando il metodo contributivo ma anche una via meno penalizzante per i lavoratori che consente l’accesso alla pensione a 62 anni con 35 di contributi e una penalizzazione massima dell’8 per cento.
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