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Mafia, sotto sequestro 700 aziende. Ma sull'intera materia…

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Mafia, sotto sequestro 700 aziende. Ma sull'intera materia «mancano dati certi», dice il direttore dell'Agenzia dei beni confiscati

Tra beni sequestrati e poi confiscati alla mafia non c'è chiarezza di dati. La questione – affrontata oggi nel corso di una tavola rotonda della sesta edizione del Festival del lavoro, organizzata a Palermo dai consulenti – è stata sollevata dal direttore dell'Agenzia nazionale per la gestione dei beni confiscati alla mafia, Umberto Postiglione . «La materia – ha spiegato – è priva di numeri certi, e non per colpa dell'Agenzia. Ad essere contabilizzate sono infatti solo le confische decise dalla magistratura per misure di prevenzione, mentre sulla parte dei procedimenti penali, sempre più preponderante, non c'è una tenuta contabile. Inoltre va detto che solo il 30% circa dei sequestri diventano confische. Premesso questo, per quello che sappiano noi sono sequestrati attualmente circa 10.500 beni immobili, di cui 700 aziende. Nel mio anno di presidenza posso dire che sono stati 3.500 i beni restituiti alla collettività, molti di enorme valore».

Postiglione ha poi chiarito che troppo spesso viene considerata azienda anche una struttura composta da una sola persona, la quale viene meno con il suo arresto. Da ciò una proposta: «Quando andiamo a mettere gli occhi su una attività mafiosa - ha detto il direttore dell'Agenzia - va fatta anche una verifica di capacità dell'impresa a rimanere in vita e se non sia solo un artificio criminale, con un'attività di consulenza al magistrato in cui possono essere chiamati in causa i professionisti».

Alla tavola rotonda dei consulenti del lavoro è intervenuto il sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Ferri, che ha fatto il punto sull'iniziativa legislativa del governo per migliorare il sistema di sequestri e confische. Il disegno di legge che il governo sta preparando in materia di utilizzo dei beni sottratti alla mafia prevedrà anche un tavolo di concertazione, a cui siederanno i professionisti, destinato a formulare proposte sulle modalità più operative più idonee a mantenere sul mercato l'impresa confiscata.

La necessità di gestire un tesoro di 30-40 miliardi (tale è la stima di valore dei bene sequestrati) sta portando il governo a lavorare su un testo di legge che punta non solo a inasprire le pene per la lotta alla correzione, ma anche a colpire la criminalità economica e in quest'ottica – ha spiegato Ferri – «per far ripartire l'economia sarà essenziale usare la leve dei beni confiscati». «Dobbiamo dare garanzia ai cittadino – ha aggiunto - che quello che viene sequestrato alla mafia funzionerà meglio di prima, evitando i licenziamenti delle persone impiegate in tali aziende e migliorando l'accesso delle stesse al credito, per il quale pensiamo ad un fondo specifico. Con ciò speriamo anche di incentivare le denunce».

Nel disegno di legge dovrebbe trovare spazio anche un riassetto normativo in materia di controllo giudiziario per intervenire senza un vero commissariamento. «Servono norme più veloci – ha spiegato il sottosegretario – perché oggi il procedimento per il sequestro è lungo e l'azienda non può aspettare. In questo contesto anche i consulenti del lavoro possono portare la loro professionalità con consulenze per capire come assumere i lavoratori, quali adempimenti sono necessari, come passarli dal nero alla regolarità».

Attualmente solo il 3,8% di quanto affidato all'Agenzia nazionale per la gestione dei beni confiscati alla mafia risulta assegnato: un dato che per Ferri impone di varare al più presto il nuovo testo normativo: «Devono essere ben definite le competenze della magistratura e quelle dell'Agenzia, i cui poteri stiamo cercando di ridefinire, inoltre dobbiamo puntare su tribunali specializzati in grado di valutare se una decisione sia giusta non solo legalmente ma anche economicamente».

I professionisti sono sempre più spesso chiamati a operare come amministratori dei beni confiscati. Su questo fronte per Marialuisa Campise, membro del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, «è assurdo lo schema proposto dal governo, che allinea la figura dell'amministratore giudiziario al curatore, visto che il codice antimafia propone all'amministratore, che spesso mette a rischio la propria incolumità personale, ben 13 ruoli».

Quello dell'amministratore è un ruolo difficilissimo, infine, secondo Vicenzo Barbaro, consigliere provinciale dell'Ordine dei consulenti del lavoro di Palermo, che, a nome della categoria, per salvaguardare l'operatività delle aziende, ha proposto che sia fatta una contrattazione collettiva specifica attraverso l'applicazione dell'articolo 8 del Dl 138/11e sia introdotta una normativa specifica per la regolarità contributiva. E inoltre, che le tempistiche in materia di applicazione della normativa sulla sicurezza siano rese più elastiche.

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